10 Luglio 2008

Un non paese, un tempo città dell’utopia

di Marcello Di Sarno (Blog Campomaggiore. Interviste Sindaci)

Il sindaco di Campomaggiore Candio Tiberi intervistato per Comuni-Italiani.it

Come si presenta la sua città a chi oggi la vive quotidianamente?
Campomaggiore è un comune piccolo, con circa 900 abitanti. Diversamente da altri comuni dell’entroterra lucano, si caratterizza per una struttura urbanistica ordinata, a scacchiera, con strade larghe (non meno di 5 metri) e ampie piazze e spazi all’aperto. Questa configurazione “tradisce” la sua costruzione recente (fine XIX secolo). La vicinanza della statale “Basentana” consente di raggiungere velocemente i due capoluoghi di Candio Tiberiprovincia Potenza e Matera, rispettivamente a 25 e 45 minuti, circa, di automobile.
La comunità è viva e laboriosa e lo testimonia la presenza di numerose associazioni culturali, sportive, di promozione del territorio impegnate ogni giorno a migliorare la qualità della vita.

Tre validi motivi per visitarla?
Per visitare Campomaggiore ci sono tanti buoni motivi ma ne indicherò solo tre.
Il primo: visitare la “Città dell’utopia”, la Campomaggiore Vecchio. Per spiegare di cosa parlo devo raccontare un po’ di storia. Fino quasi alla fine del XIX secolo l’insediamento urbano si trovava in un luogo diverso dall’attuale e, più precisamente, a tre chilometri di distanza e ad un’altitudine di meno di 473 metri. Esattamente il 9 febbraio 1885 un movimento franoso che coinvolse le terre a monte dell’abitato costrinse la popolazione ad abbandonarlo. Dopo varie vicissitudini il paese fu ricostruito dove si trova attualmente, ad un’altitudine di 800 metri.
Sono sopravvissuti fino ad oggi i ruderi di Campomaggiore Vecchio, un insediamento che era stato ripopolato, dopo essere stato distrutto in epoca angioina, a partire dal 1673, sotto l’impulso dei feudatari, i signori Rendina. La particolarità di questo luogo è che la sua configurazione (strade che si intersecano perpendicolarmente, chiesa e palazzo baronale posti uno di fronte all’altro, case dei contadini delle stesse dimensioni e struttura etc.) viene progettata a tavolino dall’architetto Giovanni Patturelli, allievo di Luigi Vanvitelli, ed è ispirata ai principi del socialismo utopistico propugnato, nel ‘700, dagli intellettuali Robert Owen e Charles Fourier.
Il progettista immagina di costruire un paese di 1600 abitanti (la “falangeria” in gergo) una vera e propria “città ideale”. Con un apposito editto il Conte Teodoro Rendina offre a tutti coloro che si fossero trasferiti a Campomaggiore una casa e due tomoli di terra da coltivare. Nell’arco di pochi decenni, dal 1741 al 1885 la popolazione passa da circa 80 a 1525 unità. Questa crescita tumultuosa fa intuire quale grande fermento ci fosse all’epoca e quale straordinario “patto sociale” si fosse affermato. Non è forse azzardato paragonarla, in quell’epoca, ad una “nuova frontiera”, un luogo dove ognuno poteva realizzare il suo sogno di autodeterminazione.
Oggi è possibile visitare i Ruderi di Campomaggiore Vecchio (di cui si possono vedere alcune foto sul sito del Comune) con visita guidata, previa prenotazione.
Il secondo motivo: per chi è appassionato di “buldering” o arrampicata sui sassi, qui è presente uno dei siti più belli e ricchi di rocce che ci siano sul territorio italiano. L’attrazione sportiva è di recentissima scoperta e in via di promozione.
Il terzo motivo: godere delle emozioni che dà una natura bella e incontaminata, anche per la vicinanza del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Dolomiti Lucane (nel cui territorio sono ubicati anche i Comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa, sedi del “Volo dell’Angelo”). Un attrezzato maneggio permette di unire l’amore per l’equitazione all’emozione di suggestivi percorsi.

Chi o cosa, secondo lei, ne ha fatto la storia, ne ha plasmato l’identità?
La storia di Campomaggiore è il frutto di due fattori fondamentali, uno, direi, umano, l’altro, sovrumano.
Il primo è, a mio avviso, la visione illuminata di una famiglia di signori che compra il feudo, alla fine del XVII secolo, e riesce a dare un’impronta indelebile i cui effetti sono vivi ancora oggi. Arrivano in quel periodo storico, nel paese, uomini di diversa provenienza e cultura, mescolandosi alle culture autoctone, pugliese e campana.
L’altro elemento determinante è il movimento franoso che si pone nella sua storia di come una frattura non solo fisica ma anche dell’identità, un momento di recisione delle radici del suo popolo. Oggi, Campomaggiore “Nuovo”, costruito ex novo nel XX secolo, è un “paese non paese”, nel senso che è poco caratterizzato, rispetto agli altri della regione, architettonicamente è assimilabile ad una cittadina.
Da alcuni mesi Campomaggiore è anche la città di Miguel Angel Zotto, il più famoso ballerino di tango argentino del mondo, erede di emigrati campomaggioresi stabilitisi in Argentina nel secolo scorso. Miguel ha scoperto solo di recente le sue origini ed è venuto a trovarci. E’ stato accolto in un autentico bagno di folla.

Per quale aspetto della sua città va personalmente fiero?
Vado fiero del grande senso dell’ospitalità che caratterizza la mia gente, della generosità con cui viene accolto chi arriva qui.

Tra progetti da portare a termine e traguardi ambiziosi da perseguire, come vede il futuro della sua città?
Come la stragrande maggioranza dei comuni lucani anche il nostro vive il fenomeno doloroso dello spopolamento, le scarse prospettive di lavoro e la partenza dei suoi giovani verso altre mete. Parafrasando altri, più importanti di me, dico che Campomaggiore ce la farà a garantirsi un futuro se ce la farà la Basilicata e l’Italia.
E il suo futuro, a mio avviso, è nel turismo, nella capacità di valorizzare e vendere il territorio, insieme ai comuni limitrofi. La mia amministrazione sta lavorando alacremente ad un ambizioso progetto di rivalutazione dei Ruderi di Campomaggiore Vecchio, per trasformare quel luogo in un grande palcoscenico all’aperto e nell’elemento di maggiore attrattiva per i turisti. Il progetto più ambizioso, tuttavia, sta nella capacità di riuscire a cambiare un certo approccio culturale che caratterizza le nostre popolazioni, i giovani soprattutto, spingendoli a scommettere su un loro impegno in loco.

Una domanda che vorrebbe sentirsi rivolgere sulla sua città e la risposta che darebbe.
La domanda che vorrei mi si facesse, in realtà mi è stata posta di recente: “Sindaco ritiene che Campomaggiore possegga le energie economiche e, soprattutto, umane, sociali, per potersi assicurare un futuro nell’attuale panorama di competizione tra territori?”
Ho risposto di sì, senza esitazione, “…a patto di mettere queste energie al servizio di un progetto di sviluppo comune e condiviso”.

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