5 Settembre 2008

Qui l’Adriatico e lo Ionio suggellano gli estremi segreti dell’Italia

di Paola Perna (Blog Castrignano del Capo. Racconti di Viaggio)

veduta.jpgEro immersa nei miei pensieri, sprofondata nel sedile anteriore dell’auto, quando mi ridestai e rimasi senza fiato volgendo lo sguardo a quelle sterminate campagne che mi circondavano; distese immense coltivate a vigneti e uliveti si susseguivano ininterrottamente davanti al mio sguardo ritornato indagatore, frastornato da tanta meraviglia.

Sulla statale pugliese che mi portava verso la punta estrema del bel paese, dove il mar Adriatico incontra quello Ionio in una danza senza interruzione, ritornai bambina fantasticando sulle sagome di ulivi secolari segnati dal tempo e dalla natura: in uno rivedevo il volto sofferente del gigante Polifemo, in un altro il profilo sensuale di una donna distesa al sole e in molti altri le sagome che avevano terrorizzato la mia perduta fanciullesca ingenuità.

Dopo qualche minuto chiusi gli occhi per qualche istante e respirai profondamente per lasciarmi estasiare da quel profumo misto di mare e terra.
Fui colpita dalla cura con la quale quegli uliveti e quei vigneti erano custoditi: i rami grondanti di grappoli d’uva erano protetti dai raggi solari da teloni apparentemente di plastica e un unico ordine ritornava in ogni filare mentre i secolari alberi di ulivo erano ordinatamente distanziati gli uni dagli altri e ai loro piedi il terreno era stato ricoperto di terriccio rossastro e ripulito delle tipiche pietre pugliesi.

La natura, nonostante portasse i segni della mano sapiente dell’uomo, sembrava essersi divertita nel plasmare i tronchi possenti degli ulivi e ridisegnare le loro folti chiome. Sui cigli delle strade, piante di fichi d’India offrivano i loro frutti spinosi a chi avrebbe avuto il coraggio di raccoglierli e, qui e lì, piccoli casolari abbandonati, ridotti a rimessa, spezzavano le lunghe distese di vegetazione.panorama.jpg

L’ingresso a Santa Maria di Leuca, piccola frazione del comune di Castrignano del Capo in provincia di Lecce, fu salutato dall’inebriante profumo della costa.
Sul lungomare, ben curato e ornato di palme, un tocco orientaleggiante dovuto alla presenza di case che richiamavano la costa tunisina: case dipinte di bianco, dalle tipiche finestre azzurre o dalle forme bicuspidali quelle delle ville più lussuose.

Un’ora dopo il mio arrivo, dopo aver raggiunto il porto attraverso un pontile di legno che si snodava lungo una parte della costa, entusiasta come una bambina alla scoperta in un mondo fiabesco, ero adagiata sulla panca di una barca che mi guidava nell’esplorazione delle grotte sia sul versante adriatico che quello ionico della costa.
A ponente la Grotta del Diavolo su Punta Ristola, poco distante Grotta Porcinara, antico luogo di culto riportante ancora iscrizioni in greco e latino, la Grotta del Presepe,  quella delle Tre Porte, dei Giganti, della Stalla, del Drago; a levante le Grotte Cazzafri, nome di origine greca che significa “di spuma” e la Grotta del Morigio.grotta.jpg

A sorvegliare il versante adriatico, su Punta Meliso, uno dei fari più alti d’Italia, stando a quanto dichiarava fiero il nostromo, secondo solo a quello di Genova.
In tutte era ridondante la potenza del mare che si infrangeva su quelle coste alte e frastagliate: acque cristalline che lasciavano svelare i segreti dei fondali e dei suoi abitanti.
L’imbarcazione si spingeva lenta fin dentro le grotte accessibili, nelle quali la terra si lasciava plasmare e, al contempo, coccolare dal mare.

In alcune, profonde insenature lasciavano che i raggi del sole si specchiassero nelle acque, in altre i bassi fondali ne permettevano l’esplorazione da terra e in altre ancora la natura padroneggiava spavalda.faro.jpg
Nel dondolio disarmonico della barca, riecheggiavano le leggende raccontate dal capitano e lo sguardo rimase attonito quando, vicini ad una piccola insenatura detta “del soffio”, io come gli altri turisti scoprimmo come il vento dava origine a una buffa doccia che investiva i bagnanti divertiti.

Persa a immaginare gli abitanti di quegli anfratti velati di profondo mistero, solleticavano ancor più la mia fantasia le onde che man mano divennero minacciose.
altra-grotta.jpgLa sosta per un tuffo nel mare cristallino fu rimandata: l’Adriatico sembrava non aver gradito la nostra presenza e il capitano decise di fare rotta verso lo Ionio per consentire ai turisti di fare una nuotata.

Il mare continuava a stupirmi con le sue forme e i suoi colori, ma a largo a colpire ancor più era quella piccola frazione di costa con le sue candide casette, la monumentale basilica, Santa Maria De Finibus Terrae, e le sue ville ottocentesche. Sembrava un piccolo angolo di pace: il silenzio regnava nonostante la stagione turistica fosse entrata nel vivo e numerosi erano gli avventori della costa.

Terminata la gita in barca, i sapori locali suggellarono quello che rimarrà per me un indimenticabile viaggio alla scoperta dei confini estremi dell’Italia.

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