Parto alla volta di Carini in una strana giornata di pioggia.
Esito un po’, da brava siciliana meteoropatica, ma alla fine imbocco l’autostrada Palermo - Trapani che conduce anche al paese.
Nel percorso ammiro la costa con il suo splendido mare e mi rammarico dei suoi scempi, delle case abusive costruite su quella che una volta era spiaggia… ma questa è un’altra storia.
Arrivo a Carini ed è il caos: traffico, stradine strette e soprattutto in salita!
Percorso Corso Umberto I, arrivo direttamente alla piazza centrale del paese e decido di proseguire il mio viaggio a piedi.
Mi fermo a chiedere informazioni nel bar centrale della piazza, quelli dove ancora si vedono i vecchietti con la coppola in testa; parlo con uno di loro per avere informazioni su come raggiungere il castello e avverto una certa diffidenza nel concedermele. Con aria diffidente mi chiede perché mai dovessi andarci e, soprattutto, se era il caso che io lo facessi proprio in quella giornata.
All’inizio penso che lo dica per la giornata piovosa, ma poi garbatamente chiedo al mio interlocutore il motivo della sua domanda.
“Signorina, oggi è il 4 dicembre” - mi risponde.
Continuo a non capire finché lui e altri curiosi che si erano avvicinati mi spiegano cosa significhi il 4 dicembre per il Castello di Carini.
La leggenda narra dell’assassinio di Donna Laura Lanza, figlia del barone di Carini, uccisa il 4 dicembre 1563 in una delle stanze del castello. Si trattò di un delitto d’onore: la baronessa fu scoperta dal marito, il barone Vincenzo La Grua, e dal padre, insieme all’amante Ludovico Vernagallo.
I due furono sorpresi nella camera da letto della donna e lì stesso assassinati.
Si narra, inoltre, che su una delle pareti della stanza vi fosse impressa l’impronta della mano insanguinata della baronessa.
Tutt’ora tra gli abitanti si racconta che il fantasma della baronessa si aggiri per le stanze del castello e che il 4 dicembre compaiano sulle mura le sue impronte insanguinate.
Questo è il motivo per cui non è di buon auspicio recarsi al castello in tale data.
Resto basita dal racconto e quasi mi pento di essere là, ma procedo.
Una volte salite le scale della badia, proprio accanto al palazzo comunale, iniziano a delinearsi le possenti mura medievali risalenti al XII secolo. Solo un paio di scalini e ci si ritrova catapultati in un altro mondo, dove il tempo sembra essersi fermato.
Al castello si accede attraverso due maestose porte con archi a sesto acuto; queste aprono sull’atrio interno dal quale è possibile accedere ai vari locali del castello. Al piano terra c’è il Salone delle Derrate trasformato in seguito in biblioteca, mentre al piano superiore è possibile accedervi attraverso una scalinata posizionata sul lato sinistro della facciata.
E’ proprio il piano superiore a ospitare il bellissimo Salone delle Feste, sormontato da un soffitto ligneo realizzato a cassettoni, tipico dell’arte gotica catalana; da un portale ornato dallo stemma della famiglia La Grua si accede alle stanze del castello arricchite con numerosi affreschi ma, al momento, inibite al pubblico.
Il mio tour prosegue per una scala interna che dà accesso alla torre, il cosiddetto maschio del castello; da qui è possibile ammirare, attraverso una piccola apertura a bifora, il panorama del lato sud del paese. Da una porticina con arco a sesto acuto, invece, si ha la possibilità di uscire su un piccolo terrazzo, creato di recente, dal quale si vede l’intera costa e la stessa torre dall’esterno.
Alzando gli occhi verso la sommità della torre si nota, inoltre, una scultura raffigurante una mano. Questa è stata realizzata, sempre secondo la leggenda, per ricordare la morte della Baronessa di Carini, ma fonti più attendibili ed esperte hanno dichiarato che tale scultura è precedente all’accaduto, realizzata da qualche maestranza araba. La “Mano di Fatima”, infatti, rappresenta per la cultura islamica un simbolo di fortuna.
La visita alla torre rappresenta, forse, il momento più suggestivo per i turisti, in attesa che venga restaurata l’ala sud-ovest della struttura, sede delle stanze della Baronessa.
Resto un po’ delusa dal fatto di non poter vedere l’ambiente leggendario con l’impronta insanguinata ma poi, pensando alla leggenda e alle coincidenze della giornata, decido di non sfidare il fato e tornarmene a Palermo.
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