Sull’altopiano della Lessinia, a circa 25 chilometri a nord di Verona, vi è uno dei monumenti naturali più grandi d’Europa.
È il ponte di Veja, nel territorio di Sant’Anna d’Alfaedo: un imponente architrave d’ingresso ad una grotta carsica, crollata in tempi preistorici.
Ciò che colpisce sono le sue dimensioni che ne fanno un vero gigante di pietra bianca: il ponte ha, infatti, una campata di 50 metri, è largo 17 metri e spesso quasi dieci.
Alcune leggende locali riportano che il ponte di Veja abbia ispirato numerosi artisti del passato, tra cui Dante. La descrizione delle Malebolge infernali, nella Divina Commedia, sarebbero una rivisitazione letteraria di questi luoghi.
Di certo il pittore rinascimentale Andrea Mantegna fu colpito da questo monumento naturale tanto da ritrarlo nello sfondo di un affresco nella Camera degli Sposi del Palazzo Ducale di Mantova.
Al ponte di Veja è collegato un vero sistema di grotte, cinque di grandi dimensioni, e altri numerosi cunicoli praticabili. In una di queste caverne sono stati rinvenuti alcuni elementi che hanno consentito agli studiosi di datare i fenomeni carsici a 38 milioni di anni fa.
L’area, rientrante nel Parco Naturale della Lessinia, ha riservato molte sorprese e scoperte per speleologi, archeologi, e ambientalisti. Il parco si estende sui monti tra Verona e Trento per circa 10mila ettari, dai monti Corno D’Aquilio, Corno Mozzo, Rocca Pia e Cornetta si domina la Valpolicella, il lago di Garda, fino alla Val d’Adige in Trentino-Alto Adige: un panorama unico tra grotte preistoriche, rocce erose dall’acqua, boschi e colline.
Oltre al ponte di Veja, sempre nel comune di Sant’Anna d’Alfaedo, quasi in cima al monte Corno d’Aquilio vi è uno dei luoghi più affascinanti della zona: la Spluga della Preta, chiamata anche Bus de Pealda: un abisso carsico tra i più profondi e noti al mondo.
La sua esplorazione è iniziata nel 1925, la Spluga è stata ed è ancora il simbolo della speleologia esplorativa anche se restano tuttora molti punti interrogativi su questa voragine che attraversa probabilmente l’intera montagna. In questo abisso sono stati trovati esemplari di insetti che vivono solo in grotta (troglobi), veri “fossili viventi” come l’Italaphenops Dimaioi, il più grande carabide cieco del mondo.
Nel 1963, dopo numerosi tentativi anche dei gruppi di speleologi dell’università di Verona si raggiunge un record: il torinese Gianni Ribaldone e il bolognese Giancarlo Pasini arrivano per la prima volta nella “Sala Nera” a meno 875 metri di profondità.
In seguito si scenderà ancora grazie al ritrovamento di una finestra che arriva a meno 985 metri.
La Lessinia è anche un territorio pieno di reperti fossili e testimonianze preistoriche. Da visitare il Museo Paleontologico e Preistorico del comune che conserva macrofossili tra cui tartarughe, squali e rettili marini, oltre ai reperti archeologici rinvenuti nelle grotte.
Il ritrovamento di gran parte del materiale paleontologico si deve all’attività estrattiva a cielo aperto della cosidetta pietra di prun, la pietra della Lessinia, utilizzata soprattutto in edilizia per la costruzione delle case dal tipico tetto di lastre. Questa pietra locale, bianca, è stata impiegata anche per la pavimentazione di piazze e marciapiedi di Verona, per la Sinagoga di Tel Aviv e per il Casinò di Saint Vincent.
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