10 Marzo 2009

La residenza di piacere e di caccia

di Monia Melis (Blog Venaria Reale. Alla Scoperta della nostra Italia)

Piazza Sant'Annunziata

Piazza Sant

Venaria Reale è una delle dimore sabaude più conosciute del Piemonte, a circa dieci chilometri da Torino, e l’omonimo comune prende il nome proprio dalla reggia.

Dalla metà del Seicento, i due borghi preesistenti di Altessano Superiore e Altessano Inferiore furono trasformati per volere del duca di Savoia Carlo Emanuele II che volle creare lì “una residenza di piacere e di caccia”, il punto di partenza per le sue battute sulle colline torinesi.

Per arrivare dal paese, ribattezzato Venaria Reale, alla reggia si percorre la via Maestra, nota prima come Contrada Grana e oggi come via Mensa. La strada è l’elemento di congiunzione tra il borgo, ridisegnato dall’architetto di corte Amedeo Castellamonte, e la villa che appare scenograficamente alla fine del lungo percorso rettilineo.Tutti gli edifici ai due lati della strada hanno una linea sobria; in questi palazzi, dal Seicento all’Ottocento, vissero i dignitari di corte e gli ufficiali che combatterono nelle guerre d’indipendenza d’Italia.

La vecchia Via Maestra è spezzata in due tratti dalla piazza dell’Annunziata, che ha una particolare forma a medaglione che ricorda uno degli ordini cavallereschi sabaudi; attorno alla piazza, sotto i portici, c’erano le botteghe degli artigiani.

Nell’Ottocento la reggia fu usata come caserma e Venaria diventò una città militare. In quel periodo la moda dettata dalle corti europee spinse i Savoia a preferirle la Palazzina di Caccia di Stupinigi.
Solo nel 2007, dopo i restauri della Soprintendenza, la residenza è stata aperta al pubblico e dichiarata dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”.

La struttura della reggia ricorda quella di Versailles, vicino Parigi, anche se in scala ridotta ed è più piccola anche rispetto a quella più famosa di Caserta.

Galleria di Diana

Galleria di Diana

All’ingresso principale della dimora sabauda c’è la Galleria Grande, detta anche di Diana; al centro della corte d’onore si trova la fontana del cervo e stucchi barocchi ne abbelliscono la galleria. Nell’intonaco della facciata sono rappresentati cornucopie, frutti e conchiglie.

La parte seicentesca, realizzata proprio dall’architetto di corte Castellamonte, è separata da una fila di mattoni a vista da quella settecentesca progettata invece da Michelangelo Garove. Fu poi Filippo Juvarra, dopo la morte di Garove, a ricostruire la Galleria e realizzare la Citroniera (la serra che ospitava gli agrumi durante l’inverno) e la Scuderia Grande che ospitava fino a 160 cavalli.
Anche la Cappella di Sant’Uberto, patrono dei cacciatori, è stata progettata da Juvarra e costruita proprio a fianco alla reggia.

Del giardino all’italiana con tre terrazze che circondava la reggia oggi restano solo i disegni. L’architettura paesaggistica e il disegno accurato furono, infatti, sacrificati dai soldati francesi di Napoleone per farne una piazza d’armi. Recentemente si sta cercando di ricreare l’ambientazione originale della reggia con la ricostruzione dei giardini.

Attorno alla dimora sabauda c’è il Parco Regionale La Mandria: un’area di circa tremila ettari utilizzata dal XVI secolo come riserva di caccia della corte sabauda e dove spesso soggiornava il re e la sua corte.
Il nome La Mandria si deve al fatto che durante il regno di Vittorio Amedeo II è stato creato un allevamento di cavalli per le scuderie reali. Fu poi Vittorio Emanuele II a farne una tenuta di caccia e a costruire altri edifici. Oggi è una zona tutelata dove vivono in libertà varie specie di animali selvatici e dove ha sede il Centro Internazionale del cavallo.

Ma Venaria Reale non è stata solo una residenza sabauda, ma un centro importante di produzione della seta fin dal 1600, quando si iniziò a coltivare i gelsi, allevare i bachi da seta. Addirittura l’attività portò il centro a divenire il quinto polo piemontese di produzione della seta.
Non resta allora che raggiungerla e visitarla per scoprire la sua interessante e ricca storia cittadina.

(Foto di Simone Utzeri, per gentile concessione)

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