21 Novembre 2009

Le poesie di Montale tra vigne, orti e scogli

di Monia Melis (Blog Monterosso al Mare. Alla Scoperta della nostra Italia)

Lo scoglio di Monterosso "Pae Vecciu"

Lo scoglio di Monterosso "Pae Vecciu"

Meriggiare pallido e assorto
Presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi…

(E. Montale, Meriggiare pallido e assorto in Ossi di seppia)

“I muri d’orti” cantati dal poeta premio Nobel per la letteratura nel 1975, sono quelli di Monterosso al Mare: uno dei paesi delle Cinque terre. Siamo in provincia di La Spezia, nel tratto di costa ligure più ripido.

Qui Montale trascorreva le sue vacanze di ragazzo nella villa liberty di famiglia, che lui chiamava la Pagoda giallognola o villa delle due palme. Una casa che esiste ancora ma ha cambiato proprietari, in compenso a Monterosso è nato un Parco letterario dedicato al poeta.
Tra il mare, gli scogli e orti terrazzati (i cosiddetti cian) Montale scrisse alcune delle sue poesie tra cui  I Limoni, La casa dei doganieri, Punta del Mesco.

Questo paesaggio, con le case aggrappate alla roccia, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1997 ed è tutelato dal Parco Nazionale delle Cinque Terre. Purtroppo le terrazze, frutto dell’ingegno e del lavoro faticoso dei contadini, ora sono quasi abbandonate.

Monterosso è la prima terra che si trova a Levante, fra la punta di Mesco e l’isola del Tinetto. Qui si può arrivare in treno e, sempre in treno, si possono visitare tutti borghi delle Cinque Terre. I più volenterosi, con buone gambe, possono partire da qui per seguire uno dei percorsi costieri più frequentati: il Sentiero Azzurro. Una gita all’insegna dei ritmi lenti sul mare a strapiombo, in cui i paesi appaiono all’improvviso tra muri a secco, vigne ordinate come alveari e orti quasi sospesi sul vuoto. Da Monterosso a Riomaggiore è tutto un susseguirsi di salite, gradinate e discese.

Ma prima di partire Monterosso merita una sosta. Dopo una passeggiata sul lungomare, un mare che a Montale ricordava quello della Calabria, è consigliabile fare un giro per i vicoli stretti del centro storico. Nelle cantine dei carruggi si può bere un bicchiere di Sciacchetrà, vino tipico di questa zona di cui è diventato il simbolo, citato anche da Petrarca e Dante. È un vino passito, raro, che si ottiene da uve Bosco, Vermentino e Albarola. I grappoli sono raccolti un po’ prima della completa maturazione e fatti appassire al sole.

Nonostante le difficili condizioni, queste terre sono state abitate fin dall’antichità: Monterosso è citato in un documento del 1056 e, nei secoli, tutti i cinque borghi sono stati contesi tra Pisa e Genova, con quest’ultima che ha avuto la meglio intorno al 1254.

Parte dell’antico sistema difensivo di Monterosso, contro le frequenti incursioni saracene, ha resistito al tempo e alla salsedine: le mura della cittadella, per esempio, i resti del castello e la maestosa Torre Aurora sul promontorio del Colle di san Cristoforo. Genova la costruì nel Cinquecento e ora divide la parte vecchia del paese da quella nuova.

Da visitare, ancora nel centro storico, la chiesa di San Giovanni Battista, costruita attorno al 1220 in stile gotico-genovese; interessante la storia della torre campanaria, innalzata a scopo difensivo nel 1400. Da non perdere anche il Convento dei Cappuccini del 1600, che nel 1800 fu confiscato e divenne sede di una guarnigione napoleonica.

E per gli amanti delle passeggiate c’è un’altra meta da raggiungere, dopo una salita di circa un’ora tra vigne e ulivi: il santuario di Soviore, a 500 metri d’altezza sul mare.
Qui, nelle giornate più limpide, si gode un panorama unico sulle Cinque terre, l’Arcipelago Toscano e addirittura la Corsica. Il santuario risale al X-XI secolo, le sue origini sarebbero legate alla leggenda del ritrovamento di una statua in legno della Vergine con il Cristo morto in grembo. Secondo questa leggenda, un sacerdote vide una colomba entrare in un muro in cui non vi erano fessure; incuriosito, scavò e trovò le statue. La struttura del santuario, rimaneggiata nel Settecento, conserva elementi romanici e gotici.

E infine per gli instancabili, questo può essere non solo un punto d’arrivo ma anche di partenza per la via dei Santuari. Da Ponente verso Levante ci sono altri sei santuari: Nostra Signora di Reggio, Santuario della Nostra Signora della Grazie e San Bernardino, quello della Salute e infine il Santuario di Nostra Signora di Montenero. In ognuno ci sono le tracce della devozione degli abitanti: come gli ex voto di ispirazione marinara.

(Foto di Simone Utzeri, per gentile concessione)

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2 commenti a “Le poesie di Montale tra vigne, orti e scogli”

  1. miri5terre scrive:

    Bellissimo, vi mando una foto; non è per fare pubblicità, tuttavia, per gli amanti di Montale che volessero rivivere la magia di quella casa, vi segnalo che è possibile alloggiare in una parte della villa, l’appartamento I Limoni al primo piano, che mantiene ancora oggi l’aspetto di un tempo e riesce, nonostante tanti altri edifici siano stati costruiti intorno alla villa, ancora a comunicare emozioni incredibili, le stese che ispirarono, proprio in qui loghi, la poesia di Montale

  2. miri5terre scrive:

    http://www.cinqueterreriviera.com/Villas/Montale/images/image-01.jpg

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