12 Dicembre 2008

Il Museo di San Martino nel presente e nei ricordi di bambina

di Longobardo Lorena (Blog Napoli. Alla Scoperta della nostra Italia)

Ogni anno che passa, e a Natale più che mai, mi assale la nostalgia di quando, da bambina, passeggiavo con i miei genitori fino a San Martino: suggestiva cittadella monastica che sovrasta Napoli dall’alto della collina del Vomero.
Qui, più che altrove, la città offre il meglio di sé con l’imponente Certosa e il suo belvedere mozzafiato dal quale è possibile abbracciare con lo sguardo tutto il centro storico, il golfo e spingersi fino al Vesuvio, che il Leopardi definì “sterminatore”.

L’incantevole panorama appaga i sensi e distoglie per un momento dai problemi di una città martoriata dal dolore per le numerose ferite aperte e sanguinanti.

Durante le festività natalizie, ma non solo, la certosa trecentesca si veste di un’atmosfera magica, al punto da meritare senz’altro un’attenta visita.

Nei suoi ambienti è ospitato il Museo Nazionale, nel quale è possibile ammirare un’importante collezione di presepi. La raccolta è andata accrescendosi nel tempo con vari nuclei, diventando una preziosa testimonianza del fenomeno del presepe, peculiare di una tradizione artistica che nel settecento vide impegnati i più noti artisti napoletani. Tra questi Sammartino lo scultore del celeberrimo “Cristo velato”, Celebrano, Bottigliero, Gallo e così via.

Il presepe Cuciniello

Il presepe Cuciniello

Di quelle visite infantili molto mi è rimasto impresso: oltre alla visione della città dall’alto - che allora mi faceva sentire ancora più piccola e inerme - ricordo, tra i tanti, il grandioso e imponente presepe Cuciniello, così chiamato dal nome del commediografo e collezionista napoletano che, nel 1878, donò allo Stato la sua raccolta di pastori.

Questo presepe, di grandi dimensioni al punto da occupare un’intera parete della stanza in cui è ospitato, pur essendo stato realizzato alla fine dell’ottocento, è popolato di elementi tardo-settecenteschi di gusto teatrale e neobarocco e documenta la tipica scenografia presepiale napoletana del ‘700, con i tre episodi principali del mistero della Nascita di Cristo, della Taverna e dell’Annuncio ai pastori.
Al centro di questa struttura tridimensionale è posta la Natività, intorno alla quale ruotano altre scene periferiche: il Bambino, deposto su un umile giaciglio, è collocato non all’interno di una grotta ma alla base di una colonna, tra i ruderi di un tempio pagano distrutto, simbolo della fine del mondo classico e dell’avvento del cristianesimo.

Ma ciò che da piccola mi lasciava senza fiato era il gioco di luci e di ombre che illuminava e oscurava la scena, riproducendo teatralmente l’alternarsi del giorno e della notte.

Ritornando molti anni dopo al Museo, ho potuto apprezzare, sotto un’ottica diversa e più disincantata, la pregiata fattura dei pastori e l’intensa espressività dipinta sui loro volti, tutti perfettamente caratterizzati.
Ho notato che, mentre le figure minori indossano abiti settecenteschi, la Sacra Famiglia e gli angeli vestono gli abiti dell’epoca dell’Avvento. Personaggi di ogni ceto sociale convivono col sacro evento, pur continuando a occuparsi delle faccende della loro quotidianità; grottesca è la figura dell’oste, grasso e laido che, sulla soglia della sua rifornita taverna sembra invitare gli ospiti ai peccati di gola.

Questo famoso presepe, oggi esposto in mostra permanente nelle antiche cucine dei monaci della Certosa, rappresenta un’opera di notevole valore artistico, sia per la qualità delle figure che per l’impostazione scenica del complesso. L’intera scenografia, costituita da un grande “scoglio” largo circa otto metri e profondo più di cinque, annovera quasi 250 pastori: animali e accessori tra i più rari della produzione artigianale napoletana.

Il fenomeno del presepe ebbe grande successo nella vita di Napoli e ciò trova testimonianza nel fatto che, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, la città dolente e sconvolta si ritrovò davanti al suo “presebbio”, alla ricerca di quei sentimenti di serenità familiare e di pace messi in scena egregiamente da Eduardo De Filippo nella sua “Natale in casa Cupiello“.

San Gregorio Armeno

San Gregorio Armeno

E ancora oggi, in occasione delle festività natalizie, le famiglie napoletane si recano a San Gregorio Armeno, alla ricerca di un nuovo pastore da inserire nel loro presepe, riallacciandosi a una tradizione che ogni anno si rinnova: nelle botteghe artigiane non è insolito trovare, infatti, accanto ai pastori del repertorio tradizionale, altri piccoli capolavori che raffigurano le fattezze di Totò, di Massimo Troisi e di altri protagonisti rimasti indelebili, nel bene e nel male, nel cuore dei napoletani.

L’invito a ripercorrere questi magici luoghi del Natale partenopeo è rivolto a tutti coloro che, sfiduciati dalle ombre che oscurano questa città, meditano di andare via.
Quale modo migliore per sentire l’anima di Napoli palpitare ancora di vita, nonostante tutto?

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