Maria Camilla De Palma, direttrice del Museo delle Culture del Mondo - Castello D’Albertis di Genova, intervistata dalla redazione di Comuni-Italiani.it:
Da dimora a monumento a Cristoforo Colombo, in seguito museo
Proprio così! Le tre tappe del museo!
Il castello era la dimora del capitano Enrico Alberto D’Albertis, che lo aveva dedicato a Cristoforo Colombo, rendendolo un vero e proprio monumento. Alla sua morte, nel 1932, scelse di donarlo alla sua città, dopo averlo riempito di ricordi dei suoi viaggi e di collezioni nautiche, archeologiche ed etnologiche provenienti da tutti continenti.
Il museo raccoglie i ricordi dei viaggi del suo fondatore ed anche reperti archeologici e etnologici?
Il suo patrimonio si compone di diversi elementi: materiale archeologico ed etnologico di Africa, Americhe, Oceania, Oriente e Medio Oriente, raccolto dal fondatore ed acquisito anche dal Comune negli anni successivi.
Ricordiamo anche le collezioni in ceramica e tessili precolombiane sudamericane, indiani delle Pianure Nordamericane, materiale maya e della foresta amazzonica.
Essendo antica dimora del capitano D’Albertis, ci saranno anche elementi di arredo del castello
Si, e sono proprio l’elemento di attrazione basilare! La vita del capitano D’Albertis si riflette evidentemente nella sua dimora. Durante la visita la museo è possibile passeggiare per le diverse stanze, il salotto turco, la sala della meridiane, la sala colombiana e la cabina nautica.
Impossibile non provare una forte emozione nell’incontrare un personaggio attraverso lo stile del revival neogotico ed il fascino per l’esotico…
Il museo racconta la vita e gli usi di popolazioni lontane, nel tempo e nei luoghi
Ci sono alcune collezioni che, in silenzio, raccontano. Come quella degli Indiani Hopi dell’Arizona (N.d.R. popolazione amerindina), che proviene dal secondo giro nel mondo del Capitano D’Albertis nel 1896 e si dota di materiale di uso quotidiano e ceramiche oltre che fotografie da lui scattate. Si è arricchita, nel tempo, di ulteriore materiale raccolto da un medico tra i bambini di questa popolazione nel 1953; si tratta di disegni realizzati da loro e sculture che rappresentano degli spiriti protettori usate dalle bambine come bambole.
Il loro allestimento nel museo ci ha spinto ad usarle per riprendere il dialogo aperto dal Capitano d’Albertis con l’intera comunità, come documentano le parole di Alph Secakuku, sacerdote della Società dei Serpenti, che insieme ad altri quattro Hopi ha inaugurato il museo ed identificato e schedato i materiali. A lui siamo riconoscenti anche per l’intervista e per un video da proiettare in museo.
Le collezioni quindi parlano attraverso le conoscenze ed i punti di vista degli Hopi stessi, poiché a loro si è potuto dar voce in museo permettendo finalmente di raccontare se stessi secondo il loro punto di vista.
La collezione ha un enorme valore didattico per la conoscenza di nuove e diverse culture, come e con quali risultati si rivolge agli studenti?
Enorme il suo potenziale: l’identità locale e l’intercultura; gli approfondimenti geografici, storici, letterari e linguistici che ruotano intorno ai temi delle popolazioni indigene, i domini coloniali, i processi dialogici, lo sviluppo partecipato e la decostruzione dell’etnocentrismo. Continuamente organizziamo eventi per rassegne prestigiose dedicate a tutti gli utenti. Dal festival del cinema latinoamericano, ai laboratori domenicali per le famiglie, dagli incontri con antropologi, artisti indigeni e musicisti, ai corsi di cucina o a cene dal sapore extraeuropeo.
Oltre alla la consueta visita guidata, offriamo almeno un evento settimanale gratuito, mostre temporanee ogni tre mesi con eventi collaterali gratuiti, laboratori didattici e percorsi a tema, laboratori musicali, biblioteca e caffetteria con bookshop.
Qual è la mission del museo?
L’obiettivo del museo è di offrire occasioni di conoscenza, dialogo e scambio tra le popolazioni del mondo. Porsi come centro propulsore di iniziative mirate all’inclusione sociale e alla partecipazione delle comunità locali e internazionali.
Mettere in moto processi sui temi dell’appartenenza, dell’appropriazione e della costruzione dell’identità.
Il museo da qui a dieci anni?
Dipende da come la città ed i turisti continueranno a partecipare alla sua vita: essendo in stretto dialogo con il territorio ed a servizio della comunità, può avere un futuro solo se continuerà a crescere insieme ai suoi visitatori, fuori dagli schemi disciplinari nella relativizzazione della nostra cultura…
Riferimenti:
Castello D’Albertis - Museo delle Culture del Mondo
Corso Dogali, 18 - Genova
Telefono: 010-2723820; 010-2723464
Fax: 010-2721456
Indirizzo email: castellodalbertis@comune.genova.it
Sito Web: www.castellodalbertisgenova.it
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