10 Gennaio 2009

“Oria fuma, Francavilla guarda”

di Giampaolo Nanula (Blog Oria. Racconti di Viaggio)

Palazzo del Sedile

Palazzo del Sedile

Un detto popolare che qui tutti conoscono, ma di cui sfugge il significato esatto recita:”Oria fuma, Francavilla guarda“.

Vi starete immaginando una città spettrale in cui si aggirano mummie, perennemente avvolta nelle nebbie sul genere “The Others”, e anch’io me la immaginavo così. Resto deluso, ma non troppo, quando arrivo e splende il sole.

Il sole è più piacevole della nebbia e la cittadina si presenta molto bene: le mura del castello sovrastano la città vecchia, a sua volta racchiusa nella cinta cittadina.
Dunque niente nebbia. Magari la giornata non è quella giusta.

Scelgo allora un bar vecchio abbandonato e lento. Il barista Jerry Calà (o uno che gli somiglia) ha tanta voglia di intrattenere il forestiero. Ho scelto il bar giusto.
Prima cosa: quando si dice che “Oria fuma” si intende fumo e non nebbia, o meglio nebbiolina sottile sottile da sembrare fumo.

Jerry e gli altri quattro gatti presenti nel bar mi assicurano che durante la seconda guerra mondiale uno stormo di aerei americani mandati a bombardare la città dovette rinunciare all’impresa perché non riuscì a vederla, avvolta com’era perennemente nella nebbia (penso: “Quindi è nebbia!”). Alla fine rinunciarono all’impresa.

Mi domando: “Perché mai gli americani avrebbero dovuto bombardare Oria? Non ci sono industrie e neanche uno straccio di caserma. L’economia si basa sulle produzioni vinicole e olearie: qui siamo nella terra del vino primitivo, dolce fruttato e alcolico, ma non certo pericoloso per gli alleati?”
Meglio non contestare.

Saluto Jerry e i gatti e vado a chiedere informazioni al comune presso palazzo Martini Carissimo, baricentro del paese. Si tratta del palazzo nobiliare appartenuto all’omonima famiglia Martini-Carissimo.
Nel 1933 la famiglia ha scambiato il palazzo con il Castello, concludendo secondo me un ottimo affare visto che il Castello è molto più grande del palazzo. Poi vuoi mettere? Poter dire: sai abito in un castello.

Veduta del Castello

Veduta del Castello

I Conti Martini Carissimo hanno stabilito la loro dimora all’interno del castello. Durante questi settant’anni hanno compiuto diverse opere di ristrutturazione e valorizzazione anche sotto il profilo turistico, rendendo la struttura parzialmente visitabile. Poi l’anno scorso hanno venduto tutto. Ora è chiuso e non si sa bene che fine farà. All’inizio si era diffusa la voce che i nuovi proprietari l’avrebbero trasformato in una sala ricevimenti ma, a quel che si dice, questa sciagura sembra scongiurata.

Tutto ciò me lo racconta una simpatica signora che lavora in comune. Mi spiega tutto: dalla faccenda del Castello a quella della leggenda da cui nasce il detto della nebbia-fumo.
La città sarebbe stata fondata dai cretesi che stabilitisi qui tentarono di costruire le mura, ma ogni volta inspiegabilmente queste crollavano. Interrogati gli dei, il responso fu che veniva richiesto agli abitanti il sacrificio di una vergine. Alla notizia tutte le vergini del paese sparirono nascoste dai genitori. Tutte tranne la figlia di una anziana donna poverissima, che si recava ogni giorno nel bosco per raccogliere la legna.
La fanciulla rimasta sola a casa e uscita e fu catturata e sacrificata, al che le mura non caddero più.
Tornata la madre e accortasi dell’accaduto scagliò una maledizione: “Possa tu, Oria, fumare nei secoli come arde e brucia oggi il mio cuore“.

Mi viene altresì raccontato che realmente la città sembra sempre avvolta da una sottile nebbia e che tale fenomeno non riguarda, invece, la vicina Francavilla che, perciò, guarda.

Ringrazio la signora e continuo a salire verso la Cattedrale. Il piazzale, antistante a questa, è una terrazza da cui affacciarsi per ammirare il panorama. Oria è posta sull’ultima collina delle Murge, prima della sconfinata pianura del Salento. Sul piazzale è stata posta una statua dell’Imperatore Costantino; c’era da aspettarsi invece una statua dell’Imperatore Federico II di Svevia, autentica star locale. La città, infatti, così come moltissime altre città pugliesi, venera la memoria dell’Imperatore svevo, noto anche come il Puer Apuliae, il fanciullo di Puglia.

Abbondano le ricostruzioni storiche, ma scarseggiano le statue. In effetti le uniche statue del grande imperatore che mi vengano in mente sono quella in Piazza Plebiscito a Napoli e il busto di Barletta; le rievocazioni storiche ispirate all’epopea federiciana invece abbondano.
Quella di Oria è sicuramente in Puglia la più fastosa e la più suggestiva.

Nell’anno 1225 in attesa che giungesse a Brindisi la sua sposa Jolanda di Brienne, Federico volle indire un torneo fra i rioni per intrattenere la corte e il futuro suocero. Ed ecco dunque i campioni dei quattro rioni (Castello, Lama, Judecca e Sancto Basilio) gareggiare per aggiudicarsi lo splendido palio.
Meglio non indagare sull’effettiva storicità dell’episodio e godersi la bella iniziativa che ogni anno sul finire di agosto fa rivivere agli occhi di grandi e piccini la vita medievale. Il divertimento è assicurato.

Cupola della Cattedrale

Cupola della Cattedrale

La cattedrale è dedicata all’Assunta; da non perdere la cupola ricoperta di mattonelle colorate.
Entro e mi dirigo subito sulla sinistra. La cripta delle mummie mi attende; qui vi sono conservati i corpi mummificati degli appartenenti alla Confraternita della Morte.
Superato il primo impatto di trovarsi di fronte a dei cadaveri mummificati, ci si rende conto di qualcosa di strano, qualcosa di pacifico.

Gli appartenenti a questa confraternita ebbero dal Re di Napoli il privilegio di poter essere mummificati come ricompensa per il valore dimostrato in guerra, durante la liberazione di Otranto sul finire del ‘400.
Da allora, per circa quattro secoli, i più meritevoli fra i confratelli potevano richiedere di essere mummificati alla loro morte. La morte come dono quindi e il senso della permanenza dei loro corpi dopo il decesso è, quindi, quello di ispirare buone azioni nei confratelli, non certo paura nei turisti.

Le mummie di Oria non si risveglieranno, state tranquilli! Ognuno di esse ha un nome e un cognome: erano fornai e artigiani, gente semplice.
Si dice che in quei volti rinsecchiti e sereni è possibile scorgere delle somiglianze con i loro odierni discendenti.

Salgo ancora, giungo fino al portone del Castello: chiuso.
Peccato.
Cosa c’è dietro? Una piazza d’armi enorme che può contenere fino a 5000 uomini, le mura, le torri, il palazzo.
E chissà quant’altro. Verrà riaperto al pubblico? Staremo a vedere.

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