Lucio Bragagnolo, giornalista, scrittore e divulgatore scientifico intervistato su Novate Milanese per Comuni-Italiani.it.
E’ un pioniere della diffusione di internet in Italia, è stato redattore e curatore di una serie di riviste di informatica, tra cui Macformat e Il Mio Computer. Oggi è curatore di Hacker Journal e blogger per il sito di Macworld.
Come è nato il suo amore per il giornalismo e per il mondo dell’Information Technology?
Ho scelto il liceo scientifico, ma di quegli studi ho fortemente prediletto la parte classica, trascurando quella appunto scientifica. Terminato il liceo ho prestato il servizio militare e, al mio ritorno a casa, le vetrine traboccavano dei primissimi personal computer. Incuriosito dalla nuova rivoluzione tecnologica, non me ne sono più staccato. Quando, nell’intento di pagarmi gli studi universitari, ho iniziato a svolgere piccoli lavori dentro una casa editrice di riviste informatiche, potevo coniugare il primo amore del giornalismo con la novità della tecnologia. Da lì è iniziato un viaggio bellissimo che spero possa durare ancora a lungo.
Cosa ama di più del suo lavoro?
Amo molto scrivere e sviluppare comunicazione, prima di tutto. Secondariamente, non ho grossi vincoli logistici e posso lavorare da un ufficio in una grande città oppure dalla poltrona del salotto.
Il giornalismo è fatto di storie da raccontare e il campo di cui mi occupo genera storie nuove e imprevedibili ogni giorno. Quando si comincia la giornata non è mai certo come finirà e questa indefinitezza, che altri certamente potranno trovare inquietante, per me è uno stimolo continuo ad aggiornarmi, leggere, capire.
Che rapporto ha con Novate Milanese?
Da qualche tempo pochi sotto l’aspetto della frequentazione, essendomi trasferito a pochi chilometri di distanza. Però è il posto dove sono cresciuto e di cui conosco ogni strada.
Anche se la municipalità rinnova, costruisce, restaura, passare da Novate è comunque passare da “casa”. Per quanto l’indirizzo anagrafico sia cambiato.
Ci presenti in poche battute la sua città.
Molti anni fa era un borgo indeciso se abbracciare l’industria o restare agricolo e si configurava come una comunità di pendolari che costruisce molti dei suoi rapporti sui treni che la collegano con il capoluogo lombardo.
Oggi è una branca esterna della grande Milano, dove si può avere il meglio della metropoli e contemporaneamente la tranquillità di una comunità più familiare.
Qual è il luogo che preferisce di Novate?
L’arteria del paese, via Repubblica. Congiunge il sagrato di piazza della Chiesa con la stazione ferroviaria, come a fare da sintesi tra paese e metropoli, ospita i negozi più scintillanti, è il luogo di appuntamento e di ritrovo di elezione per il novatese DOC!
Non riesco neanche a concepire qualsiasi variante al piano regolatore che possa spostare il centro sensibile di Novate da via Repubblica, che lo resterà fino a che esisterà la città.
Secondo lei cos’è che colpisce di più il turista quando la visita?
La valenza turistica di Novate è certamente sopravvalutata! Ma le cose che colpiscono sono la tranquillità e l’atmosfera pacata, che contrastano con la frenesia milanese distante pochi chilometri. L’idea che può farsi il turista è di una cittadina in pace con sé e con i suoi abitanti, priva di bande giovanili o di microcriminalità esasperata. Di monumenti non ce ne sono, ma la Chiesa dei SS. Gervaso e Protaso è un esempio interessante di architettura religiosa del suo periodo. Inoltre il restauro della Villa Venino ha dato risultati straordinari.
Quali sono le delizie novatesi che dovremo assolutamente visitare e cosa le piace più di Novate?
Sicuramente Villa Venino che ospita la biblioteca e il Centro Sportivo Polì per una pausa di sport e rilassamento. Personalmente raccomando le gelaterie del centro!
Amo di Novate la sua capacità di alloggiare quasi trentamila persone e nel contempo passare per un piccolo paese dove tutti si conoscono.
Quasi inspiegabilmente, l’atmosfera è questa.
Ci descriva le qualità principali che la sua città possiede.
È, come dicevo, alla distanza giusta da Milano per starne vicini e per starne fuori; ha un ritmo umano e gradevole; abbonda in luoghi di ritrovo e occasioni di incontro; ha un’offerta ottima di servizi per le famiglie e i bambini, parlando di scuola e sport. È anche uno dei pochi piccoli paesi dove si svolge attività teatrale regolare e di buon livello.
Quali sono gli appuntamenti novatesi da non perdere?
Ci fu il periodo delle feste di partito, oramai terminato da tempo, nel senso che si fanno ma non coinvolgono più come una volta. Continuano a essere invece molto seguite le feste degli oratori e il Carnevale, in occasione del quale si tiene tuttora una simpatica sfilata di carri allegorici.
Della tradizione enogastronomica della città cosa le piace di più?
Novate è chiaramente milanese e quindi si attinge alle tradizioni della zona. I miei piatti tradizionali preferiti sono la trippa e i nervetti; per quanto un po’ di importazione, polenta e zola è piatto molto praticato nelle feste popolari e che gusto sempre con piacere.
Qual è la prima cosa che le viene in mente quando pensa a Novate?
Bizzarro ma è così: il cimitero vecchio! Quando si tornava dalle vacanze o da un viaggio, si valicava l’ultimo ponte che scavalca la Milano-Venezia e sotto, a sinistra, le luci del cimitero vecchio annunciavano il ritorno a casa. Per gli inevitabili casi della vita è anche il posto dove posso ritrovare molti degli amici cari che non sono più.
Cosa cambierebbe di Novate e come vede il futuro cittadino?
Una certa prosopopea delle famiglie storiche e un’altrettanta certa arroganza dei nuovi affluenti. Qualche volta Novate è troppo tirata e apparentemente dimentica di chi non ha modo o voglia di cambiare abito a ogni uscita pubblica.
Poi, diventerà ovviamente un nodo semiperiferico della Grande Milano, abitato da persone più istruite e benestanti della media.
Ci sono dei personaggi illustri da ricordare vissuti nel suo comune?
Certamente Giovanni Testori, scrittore e drammaturgo di chiara fama. E una stella del basket, Fabrizio Della Fiori, che prima di costruire la sua carriera a Cantù crebbe e imparò a giocare a basket a Novate, nella squadra dell’Oratorio San Luigi. Della Fiori è stato uno dei primissimi atleti italiani a usare le lenti a contatto e alle Olimpiadi di Montreal del 1976 realizzò dieci canestri su dieci tentativi contro i fortissimi Stati Uniti, impresa mai più ripetuta. Fu poi protagonista anche ai Giochi di Mosca 1980, dove l’Italia conquistò la prima medaglia olimpica (l’argento) nella storia del suo basket.
Di Testori si occupano le enciclopedie e la critica di più alto livello; non sta certo a me ricordarne la produzione.
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