Villafrati è un piccolo comune della provincia di Palermo, situato alle pendici della Rocca Busambra, lungo il corso del fiume Milicia.
Il suo nome significa probabilmente ‘Villa del Fratello’ dal momento che frati in dialetto siciliano vuol dire proprio fratello, ma storicamente l’espressione non è riconducibile a nulla di documentabile anche perchè pochissime sono le informazioni che del paese sono giunte fino a noi.
Particolarmente degni di nota per il visitatore sono l’insieme di edifici settecenteschi con annessi giardini (che tutti insieme costituiscono il cosiddetto baglio) e la porta dei Misteri all’ingresso della chiesa Madre (costituita da sei pannelli di bronzo che rappresentano alcune scene sacre riconducibili direttamente alla storia religiosa del paese).
Ma ciò che più di ogni altro aspetto rimane impresso nella coscienza del visitatore è il perfetto connubio tra folckore e religiosità. Queste due anime si sposano magnificamente nella celebrazione di diverse feste popolari, di cui la più famosa e importante è sicuramente rappresentata dalla festa patronale del Santissimo Crocifisso. Si tratta di un’occasione di partecipazione non solo per i villafratesi, ma che richiama tanti (devoti e non) che accorrono dai paesi vicini.
Durante la festa si svolge una caratteristica processione nel corso della quale è possibile assistere alla tradizionale vulata di l’ancili - volata degli angeli - che consiste nella recita di una tradizionale preghiera, effettuata da due bambine che vengono sospese su due funi, al disopra del simulacro.
Altra manifestazione ricca di storia, fede e anticamente radicata nelle tradizioni villafratesi è la cunnutta di torci. Alcuni devoti in groppa a muli e cavalli bardati a festa sfilano per le vie principali del paese tenendo in mano ceri addobbati con mazzi di fiori. Seguono il corteo altre cavalcature che portano bisacce ricolme di grano in segno di ringraziamento al Santissimo Crocifisso per la buona annata.
Al loro passaggio i contadini lanciano confetti e caramelle in direzione della folla. Chiunque assista alla manifestazione non può che rimanere affascinato dalle bardature tradizionali degli animali adorne di ricami in lana, nastri colorati e sonagli di ottone che tintinnano. Questa cunnutta oltre a conferire alla festa una nota di folklore contribuisce anche ad individuare un anello di congiunzione tra il presente e il passato, tra il culto cristiano e quello pagano, con funzione di ringraziamento al creatore per il benessere ricevuto.
Forse proprio da questa tradizione deriva il fatto che un tempo i villafratesi venissero soprannominati i sciaccalora, poiché possedevano tantissimi asini che in dialetto siciliano vengono indicati appunto con la parola scecchi.
Ma gli asini servivano anche a trasportare il gesso alle fornaci poiché Villafrati è sempre stato noto come u paisi ru issu o ri issalora dal momento che fino agli anni Cinquanta l’attività fondamentale del paese fu quella dell’estrazione del gesso. Le antiche fornaci di gesso denominate carcari furono costruite dagli stessi issalora a partire dalla seconda metà del ‘700. Si trovavano nei quartieri Casale e Castello. In quest’ultimo c’erano erano trenta carcare, in quelle che ancora oggi sono le vie dei Gessai e delle Calcare.
Oggi purtroppo ciò che è sopravvissuto delle antiche carcare giungendo fino a noi è assai modesto, seppur abbiano rappresentato il volto di questo piccolo centro nel cuore della Sicilia per oltre due secoli.
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