1 Luglio 2008

Modernità e tradizione a confronto nell’antica Repubblica marinara

di Paola Perna (Blog Genova. Racconti di Viaggio)

Il treno che dalla stazione di Savona portava a Genova sbuffava stancamente attraversando, poco distante dalla costa, Varazze, Cogoleto, Arenzano. Il convoglio viaggiava ad una velocità alquanto lenta e uno strano lezzo acre si respirava in quelle carrozze che continuavano il loro cammino sotto il sole ancora cocente di settembre. L’arrivo nel capoluogo fu scandito dal susseguirsi di capannoni dismessi, palazzi malridotti e aree industriali abbandonate prima che si aprissero alla mia vista scorci di panorami che richiamavano l’antica tradizione di una terra legata al mare.

Porto di GenovaDalla stazione al porto, poche centinaia di metri snodati tra antichi palazzi, uffici e piccoli bistrò. Genova non differiva molto dalla mia città: i suoi vicoli, i suoi borghi, i suoi odori richiamavano sensazioni già conosciute, eppure avvertivo un non so che di diverso che animava la mia irrefrenabile curiosità di conoscere e di osservare. L’inarrestabile frenesia di arrivare là dove era diretta la maggior parte della folla non durò che pochi minuti. In un baleno ero in piedi al centro della piazza adiacente al porto, davanti a me il molo, l’Acquarium e un possente galeone che inizialmente avevo creduto fosse una della antiche caravelle utilizzate da Cristoforo Colombo per raggiungere le Americhe. Chiedendo un po’ alla gente in fila al botteghino per visitarla scoprii poi, con immensa delusione, che era soltanto una fedele ricostruzione di un’antica galena servita per la scenografia di uno dei tanti film sulla storia dei pirati.

Acquario di GenovaMi diressi decisa verso l’Acquarium e mai avrei creduto di provare tante emozioni quante ancora me ne serbo nel cuore. Più di tutte quella alla vista del piroettare buffo e gioioso dei piccoli pinguini che giocavano a ridosso del vetro per strappare il sorriso dei visitatori attoniti e divertiti e il volteggiare timoroso dei colibrì che si nascondevano dietro ai rami degli alberi per sfuggire allo sguardo indagatore dei turisti. Come potrei altresì dimenticare l’andatura lenta e aggraziata delle tartarughe marine, le antiche danze dei delfini e la meravigliosa docilità delle razze che, seppur timorose, si lasciavano accarezzare dagli avventori curiosi. E quanti animali marini per noi strani, chiusi in teche protettive dalle quali traspariva la varietà e il mistero della natura più selvaggia. Il mio tour tra insoliti animali volse al termine…

Dalla scoperta degli abitanti delle profondità marine e non, mi catapultai in un groviglio di vicoli a ridosso del porto: stretti anfratti su cui affacciavano un numero infinito di piccoli empori. Negozietti folkloristici nei quali non osai entrarci perchè, in realtà, non ispiravano molta fiducia. Riuscii a scorgervi però merce di importazione, le stesse chincaglierie delle immancabili bancarelle che ritrovai poco dopo sul lungomare. Quando dal primo piano di uno di quegli antichi palazzi che davano nella viuzza arrivarono urla in una lingua per me incomprensibile, mi venne alla mente l’unico monito che mio padre mi aveva fatto prima di partire: “Stai lontana dai vicoli del porto!”
Oh cielo! Ero stata anche avvertita eppure la mia curiosità mi aveva spinto proprio lì dove non dovevo andare. Tornai indietro, a passo svelto, lasciandomi quelle grida sempre più stridenti alle spalle. Pochi minuti dopo vidi il mare, le barche ormeggiate, la gente seduta sulle panchine o intensamente a caccia di souvenir; potevo rallentare, ero tornata dove era lecito!

Ripresi il cammino e man mano che proseguivo pensavo che Genova sembrava proprio Napoli, in esse vi riscontravo le stesse contraddizioni: l’antico e il moderno, il calore e la freddezza, il lecito e l’illecito, divisi da un’impercettibile ma indelebile demarcazione. Lo stile antico e ricercato di alcuni edifici cozzava con la decadenza di altri e, in lontananza, si avvistava l’architettura moderna dei grandi padiglioni della fiera nautica che si apprestavano ad ospitare uno degli eventi di maggiore rilievo internazionale. Il mare era calmo e dolcemente cullava i natanti ormeggiati alle centinaia di metri di banchine galleggianti, mentre frenetico era il viavai di autobus, taxi e motorini diretti in tutte le direzioni, pronti a sfrecciare allo scoccare del verde al semaforo.

Il sole volgeva ormai al tramonto e il mio piccolo tour stava per terminare: se non mi fossi sbrigata non sarei riuscita a prendere il treno per il ritorno. In stazione corsi verso il convoglio in partenza e, nella mente, indelebile, il dolcissimo ricordo delle scorribande in vasca dei miei nuovi amici pinguini.

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1 commento a “Modernità e tradizione a confronto nell’antica Repubblica marinara”

  1. mctrit8 scrive:

    Bello e avvincente lo stile iniziale del racconto…peccato che poi venga meno per diventare una mera descrizione.

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