25 Ottobre 2008

Le emozionanti avventure nella natura selvaggia dello Zoo Safari

di Paola Perna (Blog Fasano. Racconti di Viaggio)

Ne avevo sentito parlare da tempo e, da altrettanto tempo, attendevo di visitare quel luogo che ospitava gli abitanti più misteriosi della natura selvaggia; in quei pochi giorni di vacanza che mi ero concessa in giro per la Puglia, non potevo non mettere tra le tappe una gita allo Zoo Safari di Fasano: luogo in provincia di Brindisi che assicurava ore di garantito divertimento a contatto con animali vaganti, liberi da gabbie e guinzagli.

Eravamo ancora incolonnati davanti al cancello d’ingresso, dietro decine di auto piene di bambini scalpitanti, provvisti di cibo da elargire abbondantemente agli svariati animali, quando la proboscide di un vecchio elefante che annusava il parabrezza dell’auto ci accolse, preannunciandoci l’inizio dell’avventuroso tour alla scoperta della natura.
Di li a poco fummo circondati da cervi, stambecchi, asinelli e caprette che, timidi e golosi, si avvicinano ai finestrini delle macchine in fila a caccia di qualcosa da ruminare. In cambio… si lasciavano docilmente accarezzare.

Ahimè, non avevo nulla con me di commestibile perciò, non ravvisando profumini invitanti dall’abitacolo, dribblavano abilmente la mia macchina per passare alla successiva. Lo sconforto per questa mia mancanza – era colpa mia perché avrei dovuto portare un regalino ai miei amici – si dissolse di lì a poco pensando alla loro astuta furbizia e nel vedere come abilmente si allungavano nelle auto destando al contempo timore e tenerezza di grandi e bambini.

Il percorso iniziò a snodarsi tra le aree riservate alle diverse specie animali: si susseguirono gli ampi recinti degli emù, degli struzzi, degli asini, mufloni, dei cervi nobili, dei bufali, dei bisonti, degli elefanti sia asiatici che africani, delle giraffe e di tanti altri animali insoliti per le nostre zone.

Lo stupore lasciò ben presto il posto alla meraviglia, tanta da non avvertire più né il caldo torrido né l’arsura della sete. All’interno dello zoo gli addetti alla clientela distribuivano bottigliette di acqua gelida per rinfrescare noi avventori, ma la nostra attenzione era rivolta altrove. Dopo le aree riservate agli animali più docili, un enorme cartello avvertiva di chiudere i finestrini delle auto e di non scendere assolutamente da queste: stavamo per entrare nelle gabbie dei leoni e delle tigri.

Lo sguardo cercava di spingersi oltre i tronchi degli alberi, sparsi qui e lì ad hoc, in cerca di quelle enormi creature che tanto timore incutono; i loro corpi distesi all’ombra, dal tipico colore arancio, si confondevano con quello della terra.
Indescrivibile è la sensazione quando iniziai a scorgerne un primo, un secondo, poi un terzo branco di quei maestosi felini distesi a pochi passi e intenti a godersi gli sparuti giacigli risparmiati dal cocenti raggi del sole di agosto. Quasi sempre da solo il leone, poco distante decine di leonesse dal pelo rasato e lucido.

Dopo questi fu la volta delle tigri, immerse in enormi vasche ricolme di acqua stagnante. Osservavano noi curiosi con sguardi noncuranti, a volte quasi beffardi mentre splendidamente si ergevano maestose davanti agli obiettivi delle digitali.

Poi furono gli orsi bruni, nei cui recinti i tronchi dei secolari alberi di ulivo erano protetti con lamiere, gli elefanti, le zebre, i cammelli e i dromedari, le giraffe, i fenicotteri e i cigni a destare il nostro vivo interesse e a riportarci alla nostra infanzia quando, in compagnia dei nostri genitori, giravamo attoniti tra le gabbie degli animali.

Parcheggiata l’auto, a piedi ci dirigemmo verso il luna park nel quale altre bellezze naturali aspettavano di essere scoperte. Prima tappa, l’area riservata ai babbuini e ai gibboni. Questa volta però, prima di cominciare il viaggio, mi munii di una bella scorta di noccioline, così come avevo visto fare ad altri.

Fummo condotti su un trenino composto da gabbie e la cosa non è che mi ispirava molta fiducia.
Nemmeno il tempo di pensare a cosa servissero dei tubi saldati alle pareti che il veicolo arrestò la sua corsa e i vagoncini che ci contenevano furono presi d’assalto dai babbuini a caccia di cibo.
Avevano la meglio gli esemplari più anziani che, infilando le dita nei suddetti tubi, arraffavano avidamente le noccioline cadenti. I più piccoli intimoriti, si limitavano a guardarci e ad aspettare pazienti il loro turno che in realtà, non tardava a venire.
Quei pochi minuti, tra sobbalzi e urla stridenti, trascorsero via in un baleno così come ben presto finirono anche le noccioline e i babbuini tornarono contenti ai loro rami in attesa del prossimo trenino.

Su un altro trenino, questa volta dai finestrini vetrati, raggiungemmo la zona dedicata alle foche e ai leoni marini, agli orsi polari, agli ippopotami, agli orsi bruni passando sopra il recinto dei ghepardi e dei giaguari. Fu poi la volta dei gorilla e dei lemuri, che uscivano ed entravano goliardicamente dalla loro gabbia per indispettire chi si ostinava a guardarli e a fotografarli.

Tanti altri animali, impossibile ricordarli tutti, vidi per la prima volta dal vivo: tutti nel loro ricostruito habitat e indifferenti o divertiti dal nostro passaggio. La mostra ornitologica, il percorso botanico, la fattoria didattica, l’acquario e il rettilario con i suoi animali rari mi regalarono emozioni fanciullesche difficili da dimenticare.

Impressi indelebili nella mente, gli sguardi dei piccoli babbuini e le loro esili manine, imploranti di conservare fino al loro turno qualche nocciolina da sgranocchiare.

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