27 Marzo 2009

Ristorante Il Giardino delle Esperidi

di Alessio Postiglione (Blog Pompei. Interviste Ristoranti)

Due giovani: uno chef, che per lavoro ha già girato un bel po’ di posti, Gioacchino Nocera e il maitre Vincenzo Carotenuto. Intervistiamo Gioacchino Nocera, chef del Giardino delle Esperidi di Pompei.

Qual è il vostro rapporto con il territorio?
Certamente. La cucina della Campania è una fonte di ispirazione irrinunciabile. Stiamo parlando di un patrimonio enogastronomico che affonda le proprie radici nel mondo classico: vitigni come il Coda di Volpe sono stati cantati già da Plinio il Vecchio; l’Aglianico era il vino dei greci – cioè l’ellenico – il garum romano, che gli archeologi hanno ritrovato nelle otri di Pompei, pietrificate dalla lava dell’eruzione del Vesuvio; senza dimenticare la colatura di alici di Cetara.
Di fronte a questa tradizione ci vogliono sensibilità e rispetto.

Non c’è il rischio di appiattirsi sulla tradizione?
Assolutamente no. La mia è una cucina di ricerca. Propongo un “itinerario” dei sapori e dei prodotti della memoria che non è rinuncia al futuro. La chiave di volta consiste in una raffinata reinterpretazione moderna della tradizione gastronomica campana.
La tradizione non significa chiudersi su se stessi, ma aprirsi agli altri nella consapevolezza delle proprie radici.
Non ho problemi ad accostare ad una ricetta tradizionale o ad un prodotto locale, un’ispirazione non campana o anche esotica o lontana. Come nel classico gamberone, da me proposto avvolto in croccante pasta kataifi cucinata al salto, stemperato dall’accostamento con un radicchio trevigiano.

Non solo classici, come il nome lascia supporre.
Già. Il mito del giardino dove le Esperidi conservavano i pomi dorati desiderati da Ercole; mito raccontato dagli affreschi degli scavi archeologici di Pompei, patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Vede, il classico ce lo portiamo dentro. Lo stesso locale è arredato con gusto lounge e minimal. Lacche rosse e nere e disegni di fiori semplici come un origami, come i dipinti dell’Ukyo-e (scuola pittorica giapponese, Nda).
Vede, il mio approccio mira all’essenziale, che – come nella filosofia zen o nell’arte classica greco romana - si basa sulla linearità della forma, la purezza della linea e dei contenuti.
Allo stesso modo, io mi baso sulla purezza della gastronomia. Grandissima attenzione alla materia prima e ai contenuti. Alle tecniche, utilizzate per preservare l’integrità del prodotto, i suoi succhi, la sua anima. La mia non è una cucina che trasforma. L’ingrediente sarà sempre visibile nel piatto. Ciò non di meno è possibile rintracciare un leit motiv, nella mia cucina.

Qual è il suo leit motiv?
Direi un’armonia di tipo musicale: contrapporre il piano con il forte, un crescendo con un diminuendo, il climax con il release, come nel jazz.
Armonia è composizione e giustapposizione, pur nella semplicità delle melodie: che, nel mio caso, sono gli ingredienti.

Mi faccia qualche esempio.
Un mio pranzo deve essere un’esperienza sensoriale completa. Combino i colori, quelli forti con quelli chiari. Il turbantino di pesce bandiera risplende vicino al rosso dei pomodori, come la spigola vicino ai carciofi o gli gnocchetti di patate rosse saltati con crema di broccoletti, serviti con quenelle di ricotta, bianchissima.
Poi, mi piace giocare con le consistenze. Morbido con il croccante. Come nel timballino di parmigiana di melanzane servito su coulis di pomodoro, o la vellutata di fagioli a cui fanno da contraltare le seppioline grigliate: oppure l’insalatina di seppie con sedano croccante o il carpaccio di manzo affumicato servito su rucola di campo e croccantezza di riso.
Poi, gioco con il freddo e il caldo. Il mio cotto-crudo di tonno è assolutamente particolare.
Infine, si abbinano i gusti: dolce, salato, speziato: come nel carpaccio di manzo affumicato stemperato dal dolce della cipolla rossa balsamica, servito sul croccante della focaccina ai broccoli; o nel filetto di maiale speziato dalla senape rustica sfumata dal tortino di patate; o come quando il sapore deciso del salame di cinghiale e del pecorino è addolcito dalla composta di fichi bianchi e dalla ricottina di fuscella (ricotta tipica servita in cestini chiamati fuscelle, Nda); la stessa giustapposizione che riscontri nel filettino di maiale nero del casertano – importantissima razza autoctona – servito con riduzione al Taurasi.

Una vera armonia. Non rinuncia mai a quest’approccio?
Per carità. Faccio le casarecce alla genovese classica come le faceva nonna Maria. Un tributo fondamentale!

Ho notato che ha una grande passione per la musica. Ce ne parli.
Oltre a proporci come ristorante di gastronomia, organizziamo serate lounge, all’aperto, con buona musica dal vivo. Io ed Enzo siamo giovani e ci piace proporre qualcosa di nuovo e giovane. Poi, la mia ragazza, Lea Esposito, è insegnante di musica, chitarrista e musicista; va in tour a destra e a manca.
Certo: la musica è una grande passione. Anche se ho capito che non fa per me…

Perché? Che cosa è successo?
Lea mi voleva insegnare a suonare. La chitarra ha sei corde: e pensavo che ogni corda andasse bene per produrre “una nota”. Quando ho capito che non era così sono rimasto deluso!

Niente musica, allora?
Beh; tempo fa è venuto a trovarci un collega musicista di Lea con la fidanzata a mangiare da noi. Sono rimasti entusiasti della cucina. La fidanzata del musicista mi ha detto: “Beata Lea, meglio i manicaretti delle serenate!”. Quindi, meglio la cucina!

Riferimenti:
Ristorante Il Giardino delle Esperidi
Via Acqua Salsa - Pompei (NA)
Telefono: 081-850.21.30

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