28 Settembre 2010

Un’inevitabile conseguenza tra “cortine di fumi e sangue”

di Marcello Di Sarno (Blog Brindisi. Interviste Giornalisti)

Un rapporto di ventennale memoria quello che lega Rosario Tornesello al giornalismo, vissuto da professionista a partire dal 1996.
La sua città, Brindisi, rappresenta una tappa cruciale nella sua crescita professionale, ma soprattutto il terreno fertile dov’è germogliato il suo amore per la scrittura. Da scrittore ha pubblicato per la Besa Edizioni, il romanzo “Blu. D’amore e di mare” e “Tacco e tabacco”, ricostruzione giornalistica e sociologica del fenomeno del contrabbando in Puglia, in particolare a Brindisi.
Attualmente è vice caporedattore nella redazione centrale del Nuovo Quotidiano di Puglia.

La duplice prospettiva di giornalista e scrittore cui fa da teatro Brindisi si evince dall’intervista concessa per Comuni-Italiani.it

Professione giornalista. Com’è maturata questa scelta e che ruolo ha avuto Brindisi?
Una passione nata per caso, dall’amore per la scrittura a scuola. L’approccio con il giornalismo è stato inevitabile conseguenza. Primi passi come corrispondente dal mio paese, ad Alezio, in provincia di Lecce, e poi l’inizio della carriera. Brindisi è stata una delle tappe.

Giornalista e scrittore: due attività che restano ben distinte o c’è una reciproca influenza?
C’è una base comune: la voglia di osservare e raccontare un territorio, una realtà, un fenomeno, un’emozione, un fatto. La differenza è nel linguaggio usato.

Rosario Tornesello

Guardando alla sua esperienza personale, cosa significa fare giornalismo a Brindisi?
Significa registrare le sofferenze e le evoluzioni di un territorio che vive tra mille contraddizioni e notevoli potenzialità inespresse. Significa seguire la crescita tra molteplici ostacoli segnati dalla storia recente, fatta di illusioni di industrializzazione e aggressioni criminali.
Gli argomenti non mancano. I nuovi fermenti neppure.

Nel suo libro “Tacco e tabacco”, descrive Brindisi come una città di cortine di fumi e di sangue. Cos’è che giustifica questa immagine?
Brindisi e il suo territorio hanno vissuto la fase più critica della virulenza criminale in Puglia. Per una serie di ragioni storiche e geo-politiche, si sono trovati a essere il crocevia dei peggiori affari criminali vissuti su uno scenario internazionale. Sigarette di contrabbando, droga, armi, clandestini, donne avviate al mercato della prostituzione: è passato tutto da qui.
Il volume di affari ha scatenato interessi devastanti. Le guerre tra clan sono state il riflesso inevitabile degli appetiti crescenti. Anche la società civile ha subito diretti contraccolpi per le degenerazioni indotte da prospettive di facili guadagni. Cortine di fumi e di sangue significa anche questo.

Quali stimoli letterari, e culturali in generale, offre questa realtà a chi la vive quotidianamente?
Di approfondimento, innanzitutto. Ci sono storie da raccontare, fenomeni da investigare. Episodi su cui riflettere. Spazio infinito per un giornalismo di inchiesta e per una letteratura impegnata.

Sfogliando l’album dei ricordi, c’è un pezzo su Brindisi che ritiene indimenticabile?
L’operazione Primavera. Era il 2000 ed io ero cronista di giudiziaria a Lecce. In febbraio accadde a Brindisi la tragedia dei due finanzieri travolti e uccisi in auto - una Fiat Punto - da un fuoristrada blindato dei contrabbandieri. La morte dei militari portò lo Stato, dopo anni di lassismo, a reagire.
In quattro giorni fu organizzata quella che è passata alla storia come “Operazione Primavera”, con riferimento alle grandi pulizie che solitamente si fanno con il cambio di stagione, e qui di stagione c’era da chiuderne una, durata anche troppo. Arrivarono 1.900 uomini tra carabinieri, polizia e guardia di finanza.
In quattro mesi il contrabbando fu smantellato. Il mio giornale, il Nuovo Quotidiano di Puglia, mi inviò a Brindisi in occasione della presentazione del piano di interventi da parte dell’allora Ministro agli Interni Enzo Bianco.
Quei ricordi, quelle vicende, sono riaffiorate anni dopo, quando sono tornato a Brindisi come responsabile della redazione di “Quotidiano”, incarico che ho mantenuto fino all’aprile scorso.

Un titolo e dieci righe di editoriale per raccontare la sua Brindisi tra luci e ombre.
“In cerca di un futuro possibile”
Una città degli opposti, tra il mare e la campagna, tra la tradizione e l’innovazione, tra il nord e il sud, tra poli in competizione, Bari da una parte, Lecce dall’altra. Una città delle contraddizioni, tra importanti infrastrutture (il porto, l’aeroporto, gli snodi stradali) e uno stato di perenne affanno dell’economia.
Una città degli slanci improvvisi, il teatro che risorge a nuova vita, lo sport più amato - il basket - che torna in serie A, il fronte del porto che - benedetto dal Papa - si pone come punto di aggregazione e sviluppo urbanistico e culturale.
Ma anche la città dei pesi impossibili, delle bonifiche della zona industriale che respingono gli investimenti, degli insediamenti dei colossi energetici (passati e futuri) imposti a dispetto di Brindisi e dei brindisini. Molteplici elementi da raccordare in una trama di sviluppo. Difficile, ma non impossibile.

Come vede il futuro della professione giornalistica rispetto alla nuova frontiera del digitale e alle forme di citizen journalism?
Siamo a un punto di svolta. Il giornalismo sopravviverà solo se sarà capace di porsi nella complessità della realtà come forma di sintesi, spiegazione e orientamento. Un filtro necessario perché ciascuno, investito da un flusso inedito e spoporzionato di informazioni e comunicazioni, possa decidere al meglio come indirizzare la propria vita.

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