Grazie ad alcune artigiane merlettaie, rimangono in vita alcune antiche lavorazioni ormai scomparse, realizzate con materiali quasi in disuso come la seta e il lino. Poi c’è chi parallelamente sperimenta il connubio con materiali pregiati, per impreziosire un’attività che ha dato lustro a un’intera città, L’Aquila, fin dai primi secoli dell’anno Mille e, al contempo, organizza e insegna in corsi formazione l’antica arte del tipico “Merletto a Tombolo Aquilano”.
I merletti della tradizione aquilana ornavano gli altari delle chiese del Regno di Napoli, le tombe dei nobili e dei re ma, per tempo, non i corredi delle loro ricamatrici. Perciò pochi i reperti conservatisi, anche per la fragilità del materiale utilizzato. A rinnovare la tradizione rimangono poche artigiane che ancora disegnano i loro ricami e ne strappano i “canovacci”, per evitare che il “capolavoro” perda la sua unicità e si ripeta anche solo per un’altra volta.
Non è un quadro positivo quello tracciato da Francesca Fabiani del city blog L’Aquila Città Futura: degrado urbano, problema trasporti e mobilità, l’immondizia, il degrado culturale della città e dei cittadini. La soluzione? Una migliore programmazione.
Una città dalla “qualità complessiva” dove far crescere i propri figli è l’obiettivo principe che il Sindaco dell’Aquila fissa per il suo Comune. Un traguardo cui puntare partendo da un presente che parla di una città “giovane” (per la folta comunità di universitari), di un luogo poetico da scoprire, di una comunità che si apre alle nuove frontiere della scienza (attraverso il Laboratorio di Fisica Nucleare del Gran Sasso).