Dalla bottega che nacque a via Nosadella a Bologna, dopo un cinquantennio, ancora nascono creazioni originali che completano oggetti di antiquariato raffinati e non: chiavi, serrature e maniglie che regalano un tocco di eleganza e fanno rivivere i tempi andati in maniera unica e particolare. Dal laboratorio Dingi oggetti raffinati riprodotti fedelmente da mani sapienti e con tecniche sempre più ricercate.
Quante volte rimaniamo incantati davanti ad una tela meravigliosa e il nostro sguardo cade poi sulla cornice che racchiude così tanta perfezione? Solenne, maestosa, intagliata ad arte sembra quasi voler primeggiare con quel dipinto che ha avuto il compito di racchiudere e fa bella mostra di sé sapendo di dare quel valore aggiunto all’opera. A Bologna c’è una ricca e antica tradizione corniciaia, celebrata in un museo appositamente istituito e in una pinacoteca. E ancora esistono antiche botteghe che dell’arte celebrano la parte più nascosta, ma indispensabile.
E’ un percorso darwiniano quello che ha portato Gea dal nido della cara provincia alla “volta” sterminata e composita della Bologna dei “dottori”. Dalla finestrella, immutabile nel suo fascino, non vede più quel volto un po’ retro della sua città, di quando rimaneva seduta su un sedile spelacchiato sotto la stelle. Ora tutto è un must. Cambiano i giocatori e le carte ma il gioco resta sempre lo stesso…
La chiamano in tanti modi: dotta, turrita, grassa… venite a visitarla a capirete perché! All’ombra dei suoi portici, delle sue torri, dei suoi monumenti nasconde un fascino ed un’eleganza principesca. E’ una città vivace ed elegante che accoglie il turista e lo trasporta in un mondo incantato dove tutto è arte, storia, cultura, emozioni!
Non ci sono interrogativi di sorta per l’assessore: se venisse una seconda volta alla vita rinascerebbe in nessun altro luogo all’infuori della sua Bologna. Le opportunità che offre la “Dotta” d’Italia disconoscono età, colore della pelle e logiche speculative. Una visione ecumenica della cultura, dell’arte, della vita in generale, che trova il suo terminus ante quem in un generoso atto di libertà che otto secoli fa valse per i bolognesi tutte le loro ricchezze.
Andare all’inferno per la brama di leccornie? “Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola, come tu vedi, a la pioggia mi fiacco”; è il fato del Ciacco dantesco, dal quale il ristorante bolognese di Gianluca, Salvatore e Stefano prende nome. Infausto destino? “Del paradiso preferisco il clima, dell’inferno la compagnia”, scherzava Oscar Wilde. C’è solo un peccato che merita l’inferno. Credere che a Bologna il ragù si prepari con gli spaghetti!