Un affettuoso paesaggio quello dipinto dal Sindaco della sua Issime, che avvince il corpo, con la cerchia di valloni circostanti, e l’anima, per l’infinità di suoni di sottofondo. La mondanità non arriva fin quassù, ma lascia il posto alla meditazione e all’arcano suono del töitschu. La forza giovane di oggi, erede della gens Walser, è un motivo per prestar fede ai propri conterranei.
Lasciatasi alle spalle gli anni bui, Fragagnano deve rinascere puntando, suggerisce il Sindaco, sulla concertazione e l’interscambio con le realtà limitrofe. Nel ricordo dell’eroismo di una nobildonna si guarda con coraggio e ottimismo alle sfide strategiche che coinvolgono l’intera Area Vasta. Un messaggio ai figli: costruire un futuro diverso si può senza andare lontano.
Ha di che vantarsi il Sindaco della propria città, profilandola come piccolo ma mirabile esempio di “melting pot”. Un destino di grandi orizzonti segnato dalle speculazioni scientifiche che ancora riecheggiano tra le mura di Palazzo Cesi. Un’area congressi, un centro benessere, un parco per i bambini… per dirla con Federico Cesi :“Cura le cose più piccole se vuoi ottenere quelle più grandi”.
Quelle stesse mani che secoli e secoli fa scavarono nella roccia per darle vita, oggi difendono con la stessa tenacia l’eccezionalità di un’eredità spirituale e materiale. Il Sindaco parla di una città che ignora il termine “criminalità” e che pertanto sa di poter puntare in alto. Sul tavolo delle emergenze in primo piano c’è un disagio occupazionale da fronteggiare con strumenti di sostegno.
L’umiltà e l’abnegazione dei suoi concittadini sono, per il Sindaco, le ragioni della storia passata e le premesse della crescita di questa mite “terra di mezzo”. Un turismo di nicchia, ma di qualità, per preservare l’immenso patrimonio di acque e foreste. Un museo da primato è un obiettivo alla portata di chi, insieme agli altri, ha voglia di migliorarsi.
Sentieri naturalistici e centrali fotovoltaiche: attraverso l’interazione tra ambiente e tecnologia, passa, secondo il Sindaco, la via dello sviluppo della città. Un obiettivo per cui è determinante la tenacia e la capacità di reagire all’emergenze dei ginestresi, qualità che forgiano l’identità storica di una terra. Una delle tante realtà che tutte insieme, nella loro diversità e nelle loro problematiche rendono bella e grande l’Italia.
Un’identità, quella descritta dal Sindaco, costruita sull’antica attività dei mulini ad acqua, sul fascino del centro storico, sul patrimonio culturale legato all’opera di Gherardo degli Angioli e Matteo Ripa. Una realtà in crescita, che guarda ai grandi obiettivi, come il Polo Agroalimentare, e dove in molti vi stanno facendo ritorno per far sbocciare l’agognata “primavera di Eboli”.
L’otto settembre di sessantacinque anni fa le famiglie di Nonantola salvavano la vita a settantatre ragazzi ebrei, mettendo a repentaglio la propria. Un episodio cardine, secondo il Sindaco, per ricostruire la storia e lo stile di vita della sua comunità. Simboli di questo spirito solidale sono l’Abbazia di San Silvestro e la Partecipanza Agraria. Il 2008? L’anno buono per far partire i progetti più urgenti.
Tutt’altro che agevole la quotidianità che a parere del Sindaco vivono i suoi concittadini. Sessantadue villaggi sparpagliati tra alta montagna e fondo valle, che vivono la loro peculiarità con sacrificio e dignità. Una macchina del tempo gli permetterebbe di porre rimedio alle scelte infelici e consegnare un’altra realtà a chi oggi difende strenuamente la propria terra.
Dal tratto radioso dell’Allegri alle corde graffianti di Ligabue, passando per la prosa crepuscolare di Tondelli: per il Sindaco la cultura qui è di casa. In equilibrio tra il globale, dell’ondata migratoria, e il locale, dei valori e dei sapori di sempre, si delinea una comunità che nonostante il miracolo degli anni 50-60 respira ancora un’aria rinascimentale… provare per credere!
Il Sindaco prende a prestito le parole di una celebre canzone locale per esaltare fortune e meriti della sua città. Un territorio che coniuga tradizione e cambiamento, si tratti del secondo ponte sul Taro, o del Festival di Librogustando. Qui, dove lo sviluppo fa ancora rima con solidarietà, ci sono tutte le premesse per trasformare Fontanellato in un caratteristico salotto a cielo aperto.
E’ qui il cento nevralgico della futura provincia di Monza e Brianza. Sindaco dixit. In quindici anni passata da culla della grande industria a polo tecnologico all’avanguardia, nel segno dell’amor scientiae del suo figlio più “devoto”. Sviluppare una coscienza degli interessi comuni per volare incontro ai grandi traguardi del domani, si può fare se “si ha Desio nel cuore”.
Una città destinata a una crescita senza sosta quella delineata dal Sindaco, un quadro vivace ed articolato che ha preso forma dall’originaria fusione di 13 distinti comuni. L’ambiente e la cura dell’altro sono una ragione d’esistenza per i perginesi. Essere il baricentro dell’area Valsugana in un complessivo processo di riforme e di innovazione tecnologica è tutt’altro che una velleità.
Una città scolpita ad arte in ogni suo centimetro, che attraverso la voce del suo Primo Cittadino rivendica orgogliosamente l’eccezionalità della sua eredità italo-albanese. Un DNA storico-culturale custodito nel museo etnico arbresh cui si aggiunge il rito religioso greco-bizantino e le sue preziose icone. Unico anche il suo ambiente naturale caratterizzato dalle imponenti gole del Canyon del torrente Raganello e dalla macchia verde del Parco del Pollino, che i civitesi sono impegnati a difendere e valorizzare.
Non ha nessun dubbio il Sindaco nel legare l’immagine di Tarquinia all’indelebile impronta etrusca, qui più che altrove ricca di testimonianze. Tra gli azzurri affacci sul Tirreno e le ondulazioni della Tuscia viterbese si fa largo lo sport mondiale con l’Ultramaratona degli Etruschi. Niente promesse da libro dei sogni, ma non guardare avanti con ottimismo è impossibile.
Le origini e il presente di Cento, per il Sindaco, ruotano attorno alla sua istituzione simbolo, che oggi tiene assieme circa tremila famiglia. Un esempio di civiltà cui lo stesso si appella per condurre in porto la sua “piccola rivoluzione morale”. Se avesse in dono la bacchetta magica? Mostrare urbi et orbi quel che resta della salita fin qui percorsa per riguadagnare la normalità.
Ci tiene a rimarcare, il Sindaco, che uno dei punti di forza della sua città è la solidarietà umana e sociale, quell’anteporre le esigenze della persona a qualsivoglia questione. A raccontarne l’identità di ieri e di oggi sono i suoi scorci, le vie, le piazze.
E’ nella formazione delle future generazioni di serravallini che l’attuale amministrazione vuol lasciare il suo “segno storico”.
Mito, storia e amore per la classicità trasudano da ogni angolo della città che il Sindaco mette a fuoco. Dall’airone di Ovidio al fatidico approdo dell’eroe, passando per l’ultimo romanzo del Vate, è da sempre agli onori della grande letteratura. Da serbatoio di leggende a volano per lo sviluppo, il mare è la risorsa inesauribile su cui costruire il futuro.
Perseguendo l’eccellenza dei servizi si è riusciti a mantenere in vita questo piccolo centro rurale. Agli occhi del Sindaco, risalta più di tutte la capacità dei suoi concittadini di aprirsi al nuovo e di dar vita a una coesione sociale foriera di risultati eccellenti. La mission che l’aspetta è il consolidamento della sua vocazione di luogo dell’agricoltura d’eccellenza e di un turismo intelligente e compatibile.
Un appellativo che il Sindaco stima paradigmatico per conoscere a fondo Ferrara, eternamente rinascimentale nel corpo e nell’amore per l’arte e la cultura. Nell’elitario novero delle cinque sedi dell’Ermitage, la città punta al felice sodalizio pubblico-privato per puntare ad altri prestigiosi traguardi, cercando nel contempo un equilibrio più maturo fra le voci del suo sistema produttivo.
