Interviste Sindaci

I comuni dal punto di vista dei Sindaci. Qualità della vita, ritmi lavorativi, risorse storico-naturalistiche, tutto filtrato attraverso lo sguardo autorevole del primo cittadino, tra progetti da portare a termine e traguardi da raggiungere per il benessere della comunità.

Cent’anni e più dalle mitiche imprese del loro più illustre e temerario concittadino non hanno scalfito l’attitudine dei thienesi a volare alto. Appunto quel piglio intraprendente, per il Sindaco, innalza Thiene a stella polare degli oltre venti comuni del circondario. Piccola d’aspetto ma con onori ed oneri di una metropoli, accompagna a una spiccata indole commerciale il gusto di un’eleganza rinascimentale e un amore per tutto ciò che è arte che non ha pause.

Essere sindaco di San Dorligo della Valle significa intercettare quella voglia italo-slava di unire le forze e creare sistema che come un fiume carsico attraversa l’animo della sua gente. Dagli ulivi del Breg stillano lacrime extravergini, da un cippo o dal nome di una strada grondano le voci di coloro che si sono battuti per un mondo migliore. La labilità dell’essere si può vincere soltanto gettando il cuore oltre l’ostacolo alla ricerca della qualità.

In principio fu… l’acqua. E’ l’archè che per il Sindaco ha plasmato la sua Fara San Martino, proiezione ridotta di quell’universo di elementi teorizzato due millenni e mezzo fa da Talete. Se ad essa si accompagnano natura e ingegno, ecco che la miscela è perfetta. Avere le mani in pasta, ai piedi della Majella, significa perpetrare una lunga tradizione di successi. Essere, pensare, viaggiare all’unisono con la propria città è questione di Dna.

Un ancestrale “senso di comunità” permea quello spaccato di Brianza che il Sindaco chiama Grande Erba. La sua città è cuore e motore di uno sterminato hinterland, così come la famiglia è la cellula fondante della crescita del comune. La miopia del circo mediatico non discerne il bianco dal nero, disconoscendo quell’anima solidale che da qui non ha mai trasmigrato. Disorientati da un passato opaco, gli erbesi cercano oggi il loro centro di gravità permanente.

Imperativo per il Sindaco credere che per Castelsaraceno ci sarà un domani da vivere. Anche se, tra penuria di risorse e bassa natalità, il cahier de doleances che senza soluzione di continuità consegna la quotidianità, spingerebbe a mollare tutto e andare via. Niente solisti nella sua storia, ma gente comune che rimane abbarbicata alla sua Murgia, rinnovando nei secoli la sua fede nella speranza con il rito della Ndenna.

E’ una quotidianità “magmatica” che il Sindaco respira nella sua Cosenza, cui detta i tempi la brulicante umanità di studenti e impiegati provenienti dall’hinterland. Magmatico come il retroterra culturale di questo popolo che, alla stregua della terra che calpesta, denuncia la sua anima “a più strati”. Non trovare qui, per dirla con Telesio, quella certa “dynamis” per restare e gettare il guanto di sfida al domani… davvero non si può.

E’ un presente che sente palpitare sotto di sé un passato vivo e inviolato quello di cui va ragionando il Sindaco. La sua Albenga prende forma e colore nella luce blu di un piatto antico, nei rutilanti segreti dei suoi fondali, nelle pennellate generose delle sue primavere. Sui petali di un fiore c’è inciso un patto d’amore e d’amicizia con la sua terra, “campi elisi” che ad ogni cuore ingauno riservano una ricca messe di ricordi adolescenziali.

C’è molto della civiltà contadina del passato nella Pesaro descritta dal Sindaco. Una città che tiene fede, in ogni sua voce, a quella “media dimensione” consegnatale dalla storia recente, fatta di ex operai divenuti businessmen di successo. Come in un trionfo d’archi di rossiniana memoria, l’agone dello sport, il rombo delle moto e la placidezza del mare riecheggiano nella sua “coscienza democratica”, preziosa eredità di chi ha saputo “trarre molto dal poco”.

Irriducibile nel proteggere la sua secolare storia, lungimirante nel lasciare spazio alle forze giovani. Pistoia, per il Sindaco, è lo specchio fedele della tempra dei suoi abitanti, di quel modus vivendi conservatore con cui deve fare i conti l’opera di rinnovamento condotta in questi anni. Nella “città dei vivai” la metamorfosi urbana passa per un quartiere disegnato sulle ceneri di un sito industriale.

Non un’evanescente logica d’immagine, ma un’autentica filosofia dell’identità. E’ questa la strada maestra che il Sindaco indica alla sua Palermo per rinverdire suoni, immagini ed atmosfere del regno che accolse lo “stupor mundi”. Solo una comunità che mostra il pugno chiuso alla barbarie e il palmo spalancato al vicino di casa può ambire al ruolo di capitale dell’“Euromediterraneo”.

C’era una volta una terrazza naturale nel cuore della Valtournenche raggiungibile solo dal cielo. Il presente, come ricorda il Sindaco, dice che Chamois è ancora, unico caso in Italia, giustapposta alla realtà caotica circostante. Difendere questa singolarità significa sopravvivere con la consapevolezza che solo da queste parti si può assaporare il gusto quintessenziale dell’esistenza.

Coniugare numeri da record (l’altitudine, la minor densità) con le difficoltà logistiche legate alle pacifiche “invasioni” estive e alle diaspore invernali non è facile per il Sindaco. Ma Valsavarenche è soprattutto un luogo da “emozioni forti”, fortemente voluto e preservato così dalla sua gente. Adamantino come i ghiacciai e dello stesso immenso respiro delle praterie fu il pensiero dei suoi figli più illustri.

Non c’è stagione che tenga, per il Sindaco, in una Levanto che dopo una lunga e faticosa lotta contro un’intestina “fragilità” incarna oggi il modello dell’”hotel paese”. Nella rutilante cornice estiva o tra il malinconico mugghio del mare d’inverno ciascuno ritrova qui la cima dell’Elicona dove invocare la propria musa. A illuminare la strada dello sviluppo è l’unanime capacità di operare per il bene comune della sua gente, giacché, parafrasando Monnet, “qui non si coalizzano interessi, si uniscono uomini”.

Un aplomb di secolare tradizione quello che il Sindaco riconosce alla sua Asti. Dalle atmosfere medievali delle sue torri ai luoghi storici dell’omonimo vino, emerge la notevole cifra culturale di una città alla ricerca di un’unica regia di sviluppo. Prima di tutto vengono le piccole cose di ogni giorno, perché da queste parti non si sacrifica mai l’impegno sociale in nome del business.

La ricetta che per il Sindaco è all’origine della perfetta armonia che esprime la sua città. Un’eredità consegnata dalla civiltà contadina e dagli imprenditori che qui hanno coraggiosamente investito. Di fronte a questo bisogna saper ascoltare e leggere sopra le righe la voce dei cisonesi, che hanno ancora molto da dire e da dare.

Un luogo di pace dove il contatto con il vicino è ancora un valore? Per il Sindaco si trova nella sua città, le cui antiche radici medievali permeano tuttora il disegno urbano e gli appuntamenti tradizionali. A ispirare il fervido attivismo della sua gente è un clima di amicizia, altrove difficilmente riscontrabile. Ripensamenti? Nessuno, perché fare qualcosa di bello e di utile per Rosignano è una soddisfazione troppo grande.

Nemmeno il Sindaco, si fa per dire, sa dare una spiegazione su come una città così piccola riesca a viaggiare su standard culturali di alto profilo. L’anno zero di questo primato coincide con la nascita del suo prestigioso ateneo, baluardo della giurisprudenza europea. La cultura è il quid dell’ieri, la cifra del presente, la bussola del domani; d’altronde, per dirla con Epitteto, “solo l’uomo colto è libero”.

Dalla sua vertiginosa posizione, Campodimele consegna allo sguardo la sua inalterata bellezza. Un paesaggio che irride il logorio del tempo, parimenti l’esistenza umana sfida limiti e statistiche sulla longevità. Una comunità di settecento anime che non dimentica il passato e chi da lontano ha dato tanto al suo paese. L’aria, il verde, la cucina, l’indole degli abitanti… tutto giustifica quel “dolce” etimo.

Felice punto di contatto di lingue e culture, storicamente ospitale verso l’altro e il diverso, Olbia lo è di nome e di fatto. Parola di Sindaco. Mercanti di ieri e imprenditori di oggi uniti dalla volontà di farne una moderna polis. Il work in progress che la interessa, nel segno della risorsa mare e del welfare state, punta a ribadire la sua centralità economica e istituzionale rispetto all’hinterland gallurese.

Né principi, né signori, la vera nobiltà di questa terra, per il Sindaco deriva dal sacrificio di generazioni di badilanti in diuturna lotta contro padule e malaria. Grosseto è una città che cresce nella cultura e nella solidarietà, che considera una risorsa chi altrove è visto come un problema da risolvere. Sulla strada da percorrere niente progetti faraonici, meglio curare cum grano salis le piccole cose.