Essere sindaco di una piccola comunità di anime è spesso un compito ingrato. Non per il primo cittadino di Massimeno, chiamato diuturnamente, da un decennio a questa parte, a dare evidenza al senso dell’esistenza del proprio comune. Un “oceano” di ragioni spingono i suoi concittadini a scegliere la via più tortuosa, affilando le unghie per rimanere attaccati al domani come i padri affilavano il ferro.
Trovarsi nel posto giusto al momento giusto è una componente preziosa per qualsiasi comune, se quel comune è Prè-Saint-Didier è addirittura esistenziale. Il Sindaco parla della sua terra, un tempo porta d’ingresso alpina per conquistatori e portatori di pace, oggi crocevia degli spostamenti da e verso lo Stivale, con in testa un primato che vale una regione. L’alfa e l’omega da queste parti hanno, come per Talete, le qualità e il fragore dell’acqua.
Da 500 a 1.600 metri un unico scrigno di verde e di sole, la Saint-Denis descritta dal Sindaco è questo e altro ancora. Una, nessuna e venticinque le voci della sua storia e della sua quotidianità che diventano un solo cuore che palpita d’amore per la propria terra. Sotto il vischio si vive tra indolenza e sacrificio, però se c’è coraggio sul domani può aprirsi uno spiraglio di luce, anzi di “sole”.
Tra ciò che inquieta paesi vicini e lontani e Guardiaregia c’è un profondo precipizio, parola di Sindaco. Ai piedi del maestoso Mutria la natura fa grande mostra dei suoi luoghi più sublimi, tra antri irraggiungibili e selvaggi canyon, ma anche del suo volto più terrificante e distruttivo. Quando non si sa più qual è l’inizio della strada, proseguire costa grandi sacrifici e privazioni. Il domani è incerto, inutile guardare dietro l’angolo.
Perché Cormons è la capitale del Collio? La risposta la dà il Sindaco riportando qui un viaggio tra verdi colline e vestigia asburgiche. Ai piedi del Quarin si è consumato un pezzo di storia patria, la cui drammaticità rivive in ogni mattone dei suoi edifici prima ancora che nella celebre “pax”. Chiedere di più a sé stessi è più facile quando regna un senso della comunità che tiene insieme voce e pensiero di chi vive al di qua o al di là del Carso.
Non lesina suggestioni pittoriche il Sindaco per ritrarre la sua Mafalda, scelta di qualità e sicurezza per giovani e lavoratori. Le storie che si ascoltano da queste parti narrano di un amore per il prossimo che può nascere soltanto dalla fatica, dalla povertà e dal dolore. Il salto dalla cultura contadina all’avanguardia scientifica potrebbe essere più breve di quel che sembra, se c’è qualcuno che ci crede.
Il Sindaco di Pollein sa di amministrare un regno verde, conservatosi nel tempo a dispetto della mano deformante del progresso. Verde nell’aspetto e nell’età, la piccola comunità che vive all’ombra del gigante Emilus sente scorrere nelle vene un fiume impetuoso… lo stesso che ha scritto nel bene e nel male la sua storia. Esser piccoli spesso è un “tesoro”, specie quando si riesce a esser grandi nelle cose buone della vita.
Una città interessante in ogni suo aspetto è la Brescia vista attraverso gli occhi del Sindaco. Alla cifra mite ed erudita del sentire cittadino, eredità di un “pio” conterraneo, fa da contraltare il piglio deciso e pionieristico della Leonessa d’Italia, che vuol essere protagonista e non un mero satellite. Il bivio è lì a un passo, basta solo proseguire per la via dell’efficienza.
Nascere a Lupara, per il Sindaco, significa aver inscritto nel proprio Dna la parola caparbietà. A essere ostinati si rischia spesso di prendere schiaffi dalla storia. E’ pur vero però che “Chi la dura la vince”, specie se si è in tanti a credere che il meglio del passato può essere recuperato. Più lontano si vive da questi posti, più si finisce calamitati dal suo richiamo di serenità.
Un museo a cielo aperto. Non trova altro modo il Sindaco per definire la sua Aosta, punto di congiunzione tra l’area mediterranea e il centro-nord dell’Europa, ma dal “cuore” per metà calabro. Del falso terrore di cui è preda il resto d’Italia, nemmeno l’eco qui, tra gente abituata a non rifiutare l’estraneo, bensì a fornirgli una risposta di stabilità. Il volto futuro è giovane e comunicativo oltre ogni confine.
Una piccola terrazza sull’Adriatico dal cuore grande come l’”America” è quella cui si affaccia l’Otranto raccontata dal sindaco. Mirabilmente incanalata tra due mari, la sua terra e i suoi edifici stillano il sangue di chi ha tenuto fede usque mortem et ultra, indicando la via del sacrificio e della tolleranza a chi è venuto dopo. Perché l’estate non sia una bolgia di turisti che assediano la città, bisogna correre ai ripari.
Difeso da tre colli un immenso bosco con immaginifici antri, traspiranti mosto selvatico: è Pietragalla. Quella che il Sindaco si “onora” di amministrare è una comunità trasparente e adamantina, come il vetro appunto, nelle sue manifestazioni di cortesia e ospitalità verso i visitatori. Nobile retaggio di quel manipolo di irriducibili che scrisse una pagina significativa della resistenza antiborbonica. Le cose iniziano a cambiare procedendo di vicolo in vicolo.
Architettura, qualità di vita e intelligenza umana non sono virtù ad orologeria, ma un equilibrio 24hours che regola da mezzo millennio e rotti la vita di Montepulciano. Il fruscio della natura ultramoenia, una “nobile” degustazione, un’osservazione pungente fanno l’andatura di una comunità che sa correre e all’occorrenza rallentare. Non c’è spazio per gli “sbracamenti” finchè tiene banco quella tensione sociale che partorisce solo “buone pratiche”.
Facile attingere al vocabolario da cartolina quando si volge lo sguardo alla Capitale. Pericolo scampato per il Sindaco che vede nella sua Roma non soltanto una terra che trasuda storia ed arte da ogni interstizio, altresì una città costituzionalmente “indolente” al cambiamento rispetto alle rivali europee. Panem e circenses è un retaggio degli anni imperiali che non attecchisce più in un popolo “dall’occhio malizioso e con la battuta sempre pronta”.
Un background culturale nutrito con il sincretismo sociale, con il gusto dell’impresa e tante piccole eccellenze. Un patrimonio, quello cui si richiama il Sindaco, che scorre tra tradizione e voglia d’innovarsi, come la quotidianità di Sondrio scivola via tra due fiumi. Deterrente dell’ansia dello strafare, fonte di dolorosi stravolgimenti, è quel ritmo slow dell’esistenza che pedalata dopo pedalata conduce sempre in un luogo amico.
Non una semplice operazione di maquillage per Avellino, bensì un mutamento radicale destinato a sconvolgere l’attuale gerarchia regionale. Sindaco dixit. Non avere competitors domani ha un costo altissimo per una comunità che porta ancora dentro e fuori le ferite di ferale accesso della terra. Se la “cura” è quella giusta, lungo corso Vittorio Emanuele oltre a sorrisi e plausi, si potrà rincontrare l’identità smarrita.
Un’aristocratica signora che vive, studia e s’innova, il cui passato costellato di trionfi d’arte e di cultura, di tempestose cadute e altrettante rinascite, è materia di studio per l’umanità intera. E’ la Firenze firmata Sindaco. Come certe “pietre dure”, adamantina nel suo fascino ma bisognosa di cure “sostenibili” per brillare domani e domani l’altro ancora. Il futuro è un “tram” che dovrà passare, l’immortalità è celata dentro ogni suo portone.
Dire la verità, tutta la verità. Non ha peli sulla lingua il Sindaco di Lavello nell’affrontare pregi e difetti della sua città e in particolare dei suoi concittadini. Un’identità labile condanna questa terra, un tempo luogo di passaggio per mercanti e contadini, oggi disconosciuta dai propri figli verso cui è sempre stata generosa. L’eccellenza di domani è la calamita per riportare nel nido le giovani generazioni, senza gettare nell’oblio quelli che hanno deciso di restare.
C’è un che di umano e sovrumano nell’identità passata e presente di Campomaggiore ricostruita dal Sindaco. Il crogiuolo di dialetti e culture, merito di avi illuminati, era umano quanto il clima d’amicizia che si respira nell’attuale scacchiere urbano. Oltre le umane forze c’è un “big bang” fisico e spirituale che seppellisce le forme armoniche della “città ideale” sotto l’anonimo disegno di un paese che non c’è. L’antico sogno di autodeterminazione può rinverdire grazie alle giovani intelligenze che restano.
All’ombra delle Alpi e degli Appennini c’è il volto tranquillo della Liguria. Il volto di Quiliano che, attraverso le parole del Sindaco, si delinea in tutta la sua sinuosità. La sua storia è un fiore a cinque petali, ognuno con una nuance e una flagranza propri. Chi per secoli ha dedicato la propria vita alla terra, oggi sa raccogliere il “pomo” della modernità. Il presente qui è qualcosa “da scoprire… da vivere… da amare”.
