Ieri come domani, Ceriale affida il proprio destino all’azzurra tavola su cui ogni giorno si apparecchia la sua quotidianità. Nella memoria del Sindaco e dei suoi conterranei frequenti le incursioni del ricordo di una notte di fiamme che pesa quanto quel crocifisso da portare in spalla sotto la canicola. Lungo il Rio Torsero e tra le stradine dall’aria d’antan c’è sempre “un fatto positivo”!
Montagna e collina due simboli di altrettante identità che disegnano l’armonia di Villacidra. Il Sindaco è cosciente dell’unicità della sua terra prodiga di reperti e di segreti, che con i suoi “boschi d’aranci” ammaliò finanche il Vate. Ieri una linea di demarcazione metteva di qua l’umile e laboriosa “Russia”, di là l’opulenta Arabia. Nel cuore della città non passa il progresso, ma soltanto una fresca brezza che s’insinua nell’immaginario delle nuove generazioni: è quella che spira dalle innumerevoli pagine di un illustre figlio di questa terra.
Non siamo nella Terra di mezzo partorita dal genio inventivo di Tolkien. Nella fiabesca Frisanco raccontata dal Sindaco tutto è reale e l’amicizia tra la sua gente ha la dura consistenza dei sassi e del legno delle case. Tra ballatoi e viuzze lastricate come più di due secoli fa si fa strada il ricordo di piccoli grandi uomini che hanno lottato per la libertà. Un copione già scritto insomma, il set è bell’e fatto manca soltanto il regista… pardon c’è anche quello.
Lì dove tutto in apparenza sembra essere preda del tedio e della disaffezione, un nobile sentimento sopravvive ai secoli, al boom economico e alla miseria. Salcito è per il Sindaco il luogo ideale per i forti moti dell’animo, lirica “sorgente” di giovani innamoramenti che sposano per sempre questa terra. Manca davvero tutto, tranne una sola, granitica, speranza.
Sulla sponda destra del fiume Serchio, si rinnova un’ancestrale contesa dove ogni individuo confonde la sua identità con quella degli altri per amore della propria terra. Quel posto è Gallicano, che il Sindaco celebra come terra di confine e di apertura verso l’altro. Con la tenacia di chi vive qui, il futuro può riservare nient’altro che liete sorprese.
Un “carosello” di emozioni che garriscono al vento: è la sfera culturale di Cori, che Sindaco e cittadinanza vivono in prima persona. Tra le colonne d’Ercole e dei dioscuri si respira un folle mix di vapori che scorre nelle vene degli stessi coresi. La corsa è faticosa con il freno tirato, ma la marcia in più può venire dalla “perduta sinergia” di un tempo.
Chi si affaccia da qui vede un mondo che difende la propria identità sfidando i secoli. Quella dimensione umana e paesana di Luserna, cui accenna il Sindaco, che si traduce nel non tradire mai se stessi, nemmeno di fronte a certe facili mode speculative. Quel che si dice, si legge e si ascolta da queste parti ha un ritorno europeo. Qui si trova la spinta per dare mille ragioni, a chi è lontano per necessità, di farvi ritorno.
Non c’è strada migliore per uscire dal buio della barbarie che affidarsi alla lingua dell’arte. Se a prestargli voce è Vittorio Sgarbi, per Salemi quella strada è un po’ più agevole. Partecipare è determinante, ma a volte basta il solo esserci, come Sindaco e defensor artis, e comunicare oltre ogni confine le proprie idee. Queste sono le armi per spezzare le infami catene del passato e per difendere le ragioni di chi parla al cielo con verbi differenti.
Destarsi al mattino a Fabriano significa dedicare il primo pensiero alla propria carta dei doveri, di uomo e di cittadino, tutto il resto viene dopo. Il Sindaco vede un obiettivo comune in ogni dove, specialmente sotto quelle “porte” in prossimità delle quali non si può non rimanere a bocca aperta. Le attese che la città fa respirare sono tante, su tutte quella che l’incudine riprenda a battere con un suono diverso.
Da Ulisse ai Normanni e di qui fino ai giorni nostri a Borgia non si è mai spezzato quel magico filo che tiene assieme realtà ed epos. Sul perché è lecito attardarsi in questa parte del versante ionico, dove tra “odissee”, guerre e conquiste si sono vissute gloriose pagine di storia, il Sindaco ha le idee chiare. Attraverso “lotte” ben più drammatiche è passato quell’ “attico” senso di democrazia cui si fa appello nel viaggio verso un futuro “bidirezionale”.
La grandezza di una città, parafrasando Botero, non si misura dal giro delle sue mura ma dalla felicità e dalle capacità dei suoi abitanti. L’Abbiategrasso raccontata dal Sindaco non si discosta affatto da quella definizione, da Piazza Marconi ai Navigli. Quel bucolico senso della terra fa spalancare le braccia ai più fragili e costruire momenti “della gente per la gente”. Il presente non è dei più felici, ma con la “ricerca” giusta si riprende a correre.
Tagliata di netto dal fiume Olona, Legnano disconosce altre immagini di sé all’infuori di quella proverbialmente stakanovista, nell’accezione positiva del termine. L’indole indomita della “contrada granda”, immortalata in epiche vittorie, rivive oggi nel voler esserci a tutti i costi, in ogni contesto, vuoi con l’ago in mano o a una catena di montaggio. Trovarsi lì è un’opportunità e una vetrina da “esposizione”.
In barba a una celebre locuzione latina, a Montebelluna si comincia dalle scarpe per andare oltre i confini nazionali. Imperativo per il Sindaco è esser fiera di questa terra e della sua gente, dove tra mille traversie si trova sempre la forza di andare in volata verso la solarità. Tra aneddoti curiosi e storie tragiche si evince quello spirito che partendo dal basso intesse con altre mani una trama europea.
Un parto sofferto e lungo due anni ha portato alla luce Stornarella, ma i due secoli di vita successivi non sono stati uno scherzo. Chi la vive oggi, Sindaco in testa, cerca in ogni aspetto della sua esistenza, di rendersi degno di questo cammino, sposando una visone spartana delle cose. Ciò non impedisce di far fiorire un’innocente “primavera”, il miglior viatico per non trovarsi solo durante gli inverni del futuro.
A Ivano-Francena nessuno può dire di avere tutto, ma come ci tiene a sottolineare il Sindaco in questo pezzo di Valsugana ci si difende bene in ogni aspetto dell’esistenza. Tra roccaforti d’arte e trincee ricche di storia ivanati e frazenati vivono una realtà florida, consegnata loro da mani povere ma generose che hanno saputo vincere la “magrezza” di certi periodi. Oggi ci sono mani più contenute ma sinergiche nel rafforzare il significato di un’esistenza.
“Sine pecunia non cantantur missae” dicevano i nostri antenati, ma a Spinete pur con limitate risorse si riesce a fare qualche piccolo miracolo. Quello più grande è iniziato anni addietro, ma oggi sta dando i suoi frutti migliori, con tanto di lode. In una comunità che mangia pane e lavoro l’unico otium consentito è quello, di ciceroniana dignità, dello studio certosino. Con quali risultati? Basta tendere l’orecchio agli echi d’oltreoceano.
Quella che duemila e oltre secoli fa era conosciuta come città della fortuna, oggi alla prova dei numeri è residenza elettiva per migliaia di italiani. Fano nelle parole del Sindaco si propone come modello universale di comune sentire rispetto alle cose concrete, una sorta di umanesimo fanese più forte degli steccati del pensiero. Basta compiere le scelte giuste per procedere a vele spiegate verso un orizzonte sterminato.
Oggi come ieri il Sindaco è sinceramente orgogliosa di fare un tuffo nella sua Collegno, il luogo ideale per quei cittadini che non devono chiedere mai. La riconquista della propria storia e l’intensità del vissuto presente sono due binari paralleli che il “sociale sentire”, dolorosa conquista, tiene assieme nella stessa direzione. Le nuove “strade” aperte dal futuro si possono percorrere senza troppi intralci se si mettono a nudo le proprie idee liberandole dalle catene del politichese.
Due volte Noto è caduta a terra, altrettante è rinata senza smarrire la sua nobile veste. Merito dell’indomita tempra della sua gente secondo il Sindaco, se oggi l’umanità intera conserva un luogo di cui poter andare fiero. Cultura non è mettersi in mostra come una bomboniera ma costruire un ponte lì dove non scorre un fiume ma un mare di diversità e di ostacoli. Le maggioranze passano, le opere sopravvivono… con l’orgoglio di tutti.
“…l”importante è finire” recita una famosa canzone italiana, il Sindaco di Cavizzana lo sa meglio di chiunque altro. A chi verrà domani, consegna una famiglia sana e coesa, nella vita e nel gioco. Serbare la memoria di chi ha dovuto dire addio ai propri affetti, porta a comprendere quanto è importante avere in dono una finestra sul futuro. Il pensiero di Cristo qui è un sole che non conosce inverni e dà frutti anche a chi è dall’altra parte del pianeta.













