Una marcata impronta commerciale contraddistingue, secondo il Sindaco, la sua città, vivacizzandone il tessuto sociale e i ritmi di vita. Intorno il paesaggio padano conservato nella sua rigogliosità, grazie a una spiccata sensibilità ambientale. Strade, piazze, monumenti tengono vivo il ricordo di coloro che, pur avendo perso tutto, hanno lottato per la rinascita del paese.
Di ambiente incontaminato, terra di sapori genuini, luogo d’arte e di storia, parla il Primo Cittadino. In primo piano gli altari barocchi, la tradizione dell’artigianato del rame, i capolavori della pittrice naif Annunziata Scipione: il tutto sullo sfondo degli scenografici itinerari del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Sede di importante aziende, pienamente calata nei ritmi febbrili della Grande Milano, la Trezzano tratteggiata dal Sindaco è questo e molto altro ancora. Il borgo delle Cascine si è fatto città grazie ai contadini e agli emigranti. Le storie e le leggende di Trecianum, la magia del Naviglio e le atmosfere autunnali, tre valide ragioni per non capitarci solo per lavoro.
Il Sindaco sa di vivere in una realtà trasformatasi repentinamente, dove però prevale la linea verde e nel paesaggio e nell’età anagrafica dei suoi abitanti. Un paese giovane che punta a divenire città, appellandosi a quell’anima intellettuale-borghese custodita nelle ville e nei palazzi settecenteschi. Una tradizione gastronomica che ha il suo totem nello squaquerone.
Merita di essere visitata Sperlonga, non fosse altro che per i suoi altissimi standard di accoglienza, da dieci anni premiati con l’assegnazione della prestigiosa “bandiera blu”. N’è più che convinto il Sindaco, com’è altrettanto convinto che quello che è nato come un piccolo borgo marinaro si propone step by step come un centro internazionale per il turismo di qualità.
Palmanova, per il Sindaco, si è adeguata ai nuovi aspetti della nostra società restando fedele alla sua storia di città – punto di incontro dove hanno convissuto da sempre classi sociali, religioni, culture diverse senza mai entrare in conflitto. La città vive incentrata sulla piazza e sui tre borghi, una perfetta geometria dove rivivono le impronte della Serenissima e del periodo napoleonico.
Con fierezza il Sindaco ricorda che la terra della sua città, dodicimila anni fa veniva calpestata dall’Homo Sapiens, di cui restano tracce nelle meravigliose Grotte. Di benedettina memoria è l’immagine di città dell’olio, con i mulini le le cartiere lungo torrente Varatella. Qui batte il cuore generoso dei toiranesi che dal 1999 si preoccupano di far crescere e studiare 1500 bambini del Sudan.
Un cammino all’insegna dell’indipendenza e della sobrietà quello, secondo il Sindaco, perseguito dai suoi concittadini dalle origini ad oggi. Diversamente dai comuni limitrofi, qui signori e feudatari non hanno trovato terreno fertile. Inalterata l’impronta medievale del territorio dove natura e ritmi confermano che l’uomo ha ancora il suo valore.
Tenere fede all’etimologia del nome del suo comune è l’ambizione personale del Sindaco, che punta a ridisegnare una “città nuova”. Risorta più volte dalla sue ceneri, custodisce gelosamente la sua identità medievale nelle torri di Chatel Argent e negli antri dei balmet. All’orizzonte c’è la possibilità di proporsi come “Porta” del Parco Nazionale Gran Paradiso.
Due facce della stessa medaglia. Quelle che il Sindaco coglie della propria città, oscillante tra l’atmosfera crepuscolare della stagione invernale e dei suoi abitanti in gran parte anziani, e il clima effervescente dell’estate alimentato da un esercito di turisti. Tra gli ori dell’etrusca Vetulonia e le atmosfere vip di Punta Ala, i castiglionesi non dimenticano che il disagio sociale non va mai i vacanza.
Il Sindaco racconta di una città che vive da tempo un processo di profonda trasformazione, ora nel rinverdire la sua veste ottocentesca, ora nel renderla più facile da vivere. Un corpo sconfinato, il terzo d’Italia, che sprofonda il suo cuore nel salotto di piazza d’Italia e respira grazie al Parco storico di Monserrato. D’estate divampa la spiritualità arcaica della Faradda con la discesa dei celebri Candelieri.
Che a Bolzano si vive bene il Sindaco è il primo a saperlo e si augura che duri a lungo. Ordine, operosità ed efficienza sono gli ingredienti principali della ricetta Bolzano, che senza la ciliegina dell’autonomia non funzionerebbe. Uno strumento quest’ultimo da affinare per affrontare con il piglio giuste le nuove sfide della globalizzazione.
E’ al sorgere del sole, secondo il Sindaco, che si coglie lo spirito recondito della città, nel suo centro storico che si trasforma in un “monumento” animato. Una realtà urbana multiforme che raggiunge il diapason del suo splendore nel meraviglioso scorcio di Porta Pescara. Una comunità che saputo resistere agli attacchi della globalizzazione e che orgogliosamente si sente in competizione con il mondo intero.
Una città, quella dipinta dal Sindaco, che sorride a tutti e sa ritagliarsi spazi di cultura, di tradizione, di meditazione. Un territorio versatile che unisce il mare alla collina, le famose gravine alle 30 cripte bizantine. La sua gente, piuttosto che piangersi addosso, non ha mai piegato la schiena contro i soprusi e sa far notare il “calo di passione”.
Senza il Ricetto, il paese avrebbe preso un’altra strada. Il Sindaco rimarca il forte vincolo che unisce la sua città al borgo medievale, quest’ultimo considerato un unicum nel panorama europeo. Un simbolo della civiltà medievale che rivive nella capacità dei candelesi di fare sistema e di mettersi in relazione con l’intera area del Biellese.
Ripopolare un territorio martoriato, nel passato, dai sismi e dalla disoccupazione è la vera sfida del presente per il Sindaco. Serbando nella memoria l’operato di chi, come Scipione Di Blasio, ha contribuito allo sviluppo del territorio, una comunità giovane e dinamica intende investire nel futuro del paese e nei valori universali della solidarietà e della cultura.
Divina Commedia alla mano, il Sindaco è più che mai convinta che la sua città sia il luogo ideale per ambientare una storia d’amore. Al fascino immortale della rocca medievale, tra le meglio conservate in Italia, e quello incontaminato della circostante campagna si unisce il fermento civico e culturale di una collettività che ha le carte in regola per aspirare al titolo di “capitale del medioevo”.
Il nome della città, ammette il Sindaco, viene diffuso nel mondo insieme a quello del suo più illustre cittadino, grazie all’attività della Comunità di Cadore. Dal vicino monte ricco si possono ammirare le suggestive vette circostanti dalle Marmarole alle montagne del Comelico. La valorizzazione del suo patrimonio passa attraverso un deciso rilancio del sistema ricettivo.
L’appeal medievale, su cui pone l’accento il Sindaco, deriva soprattutto dalle forme e dai luoghi dell’antica lavorazione del ferro, di cui i monaci Benedettini si fecero portatori. Dalla notte dei tempi a tutt’oggi, la quotidianità è scandita dallo scorrere del vaso Re, un canale artificiale di millenaria tradizione. Con lo sguardo rivolto al domani, si profila il cosiddetto “borgo albero”.
La foto sintetica, ma efficace, che il Sindaco fa della sua città, consegna una quotidianità poliedrica, fatta di quartieri industriali, di zone collinari, di aree pianeggianti. L’ambiente al centro dell’azione amministrativa, che punta a costruire un futuro per le giovani generazioni sempre più promettente.
